Rizzitelli, 38 anni dopo Cesena-Lecce: “Fu un qualcosa di indescrivibile”

Ricorre oggi il 38° anniversario della terza promozione del Cesena in Serie A. Ruggiero Rizzitelli, all’epoca ventenne, fu uno dei protagonisti di quella cavalcata terminata con il 2-1 sul Lecce nello spareggio di San Benedetto del Tronto.

Rizzitelli, se dovesse inquadrare quella partita in un momento, quale sarebbe?

«Il gol che ci diede la promozione, quello di Cuttone: vedere un difensore segnare il gol che ti assicura la promozione in Serie A è qualcosa di indescrivibile. Per lui, per noi e per tutta la gente che ci seguì a San Benedetto. Nessuno se lo aspettava, per come si era messa la partita e considerando l’avversario che avevamo di fronte».

Che cosa vi aspettavate da una stagione che era partita in salita, con la prima vittoria in campionato soltanto alla 7a giornata?

«Io inizialmente ero in Primavera ma venivo spesso convocato in prima squadra, che aveva avuto un avvio difficile ed era in zona retrocessione. Da qui la decisione della società, in accordo con Bolchi, di dare più spazio ai giovani del vivaio. Un grazie va a Lugaresi, Cera e Lucchi, che a un certo punto decisero di dare spazio ai giovani come me, Minotti e Sebastiano Rossi».

Come definirebbe il rapporto con Bolchi, colui che la fece esordire in prima squadra?

«Posso solo avere bei ricordi di lui per il fatto che decise di affidarsi a noi giovani».

Che ruolo ha avuto lo stadio Fiorita, diventato un fortino, considerando i pochi punti concessi alle squadre ospiti?

«Se si considerano quegli anni a livello calcistico, i campionati si vincevano in casa. Era veramente difficile andare a fare punti in trasferta. La passione dei tifosi cesenati e l’importanza della piazza, ci ha dato quella spinta in più. Grazie ai numerosi tifosi che ci hanno sostenuto per tutta la stagione, siamo riusciti a fare punti per andare agli spareggi e poi per salire in A».

Essendo pugliese originario di Margherita di Savoia che significato ebbe battere il Lecce?

«Alcuni pugliesi mi definirono traditore per aver condannato il Lecce a un altro anno di Serie B. C’era chi me lo diceva come battuta e chi era più serio».

Che aria si respirava a Cesena al termine di quella stagione che sembrava non volere terminare più?

«Aria di festa. Mi ricordo ancora il corteo di auto che ci seguì da San Benedetto, quasi scortandoci fino a Cesena dove partì la festa promozione in tutta la città. Fu bellissimo».

L’anno dopo ci fu il debutto in Serie A.

«Sì e arrivarono grandi giocatori, su tutti Agostino Di Bartolomei. Gli davo del “lei”, fu il mio primo capitano in A. Iniziammo quella stagione contro il Napoli di Maradona e poi arrivò pure la prima chiamata in nazionale. Se dovessi riassumere quel mio biennio vissuto in prima squadra a Cesena, la parola più giusta è “sogno”, il sogno di ogni ragazzino amante del calcio».

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