Un biennio “da ventenne” a Cesena e un biennio “da trentenne” a Monza. La supersfida di domani al Brianteo unisce due punti cardinali della lunga carriera di Christian Lantignotti, che in Romagna ha giocato dal 1991 al 1993, «quando ero giovanissimo e cominciavo a diventare grande», e che in Brianza ha chiuso il cerchio dal 1999 al 2001, prima di una rapida parentesi a Siena (da compagno di Michele Mignani) e del definitivo ritorno in Romagna con le maglie di Forlì e Bellaria, che hanno scandito le ultime tappe della vita calcistica del centrocampista milanese di nascita e cesenate d’adozione. Non solo: è stato proprio Lantignotti ad entrare nel tabellino dell’ultimo Monza-Cesena disputato in B. Era il 14 maggio 2000 e “Lanti” firmò il gol del provvisorio 1-0, pareggiato nel finale dal bianconero Campolonghi.
Lantignotti: “Monza fortissimo, ma al Cesena è difficile fare gol”
Lantignotti, la partita di domani pomeriggio è un tuffo nel suo passato. Quando chiude gli occhi e pensa al biennio trascorso a Cesena da calciatore, cosa le viene in mente?
«Venivo dalla mia prima esperienza in B a Reggio dopo due anni di Milan. Era il mio secondo prestito, ma la prima stagione non fu molto fortunata, perché mi spaccai la caviglia dopo poche partite e rimasi fuori da ottobre a marzo, perdendo gran parte della stagione. Per questo motivo il Milan mi lasciò in Romagna anche l’anno dopo e la stagione 1992-1993 fu completamente diversa. Giocai ben 36 partite, soprattutto da regista, segnando 5 gol. A un certo punto quel campionato prese una brutta piega, ma l’arrivo di Azeglio Vicini fu determinante».
Che effetto le fece trovarsi, poco più che ventenne, alle dipendenze di un ex commissario tecnico reduce da una semifinale Mondiale e dalla panchina azzurra?
«In quel periodo sono stato molto fortunato. Al Milan mi aveva allenato Sacchi, a Cesena ho conosciuto Vicini. Azeglio aveva un carisma incredibile e noi un grandissimo rispetto per lui. Fu bravissimo a toccare i tasti giusti e, se il campionato fosse durato di più, probabilmente saremmo passati dalla zona retrocessione alla zona promozione».
Il suo legame con Cesena nacque proprio in quel periodo?
«Sì, avevo 23 anni, e capii subito che a fine carriera mi sarei trasferito in questa splendida città, dove vivo ancora. Mi ero trovato molto bene anche a Reggio Emilia, solo che Cesena ha il mare vicinissimo. Da milanese, di Bruzzano e Comasina, due zone difficili, mi sono sentito subito in paradiso e ho capito che Cesena sarebbe diventata la mia città. Alla fine del secondo anno, dopo aver conosciuto mia moglie, comprai anche casa».
A Monza, invece, lei ha giocato a fine carriera, dal 1999 al 2001. Che esperienza è stata?
«Mi sono divertito. Ero più maturo ed equilibrato, sul campo potevo esprimere tutte le mie qualità che avevo in quel momento. Nel 2000 ci siamo salvati brillantemente, l’anno dopo siamo retrocessi anche perché c’erano problemi in società. Monza era una realtà familiare e con poche pressioni, che naturalmente viveva all’ombra di Milano».
Con l’avvento di Berlusconi e Galliani le cose sono cambiate.
«Ho avuto la fortuna di conoscerli al Milan: dal punto di vista organizzativo e del carisma sono sempre stati due vincenti. Tutto quello che hanno toccato nel calcio, anche a Monza, lo hanno trasformato in oro».
Oggi il Monza come le sembra?
«Una squadra fortissima, costruita per tornare subito in Serie A. La cosa più difficile l’hanno superata nel giro di un mese: l’adattamento alla B. Ora hanno imboccato la strada giusta».
Del Cesena di quest’anno, invece, cosa le piace di più?
«Innanzitutto la spensieratezza e la leggerezza con cui giocano e qui il merito maggiore è di Mignani. Ho giocato con Michele a Siena, è sempre stato un uomo equilibrato e intelligente e l’allenatore che vedo mi ricorda molto il calciatore con cui ho giocato. Tutti i calciatori hanno voglia di avere la palla e di giocarla, poi il Cesena mi dà l’impressione che sia sempre difficile fargli gol, a partire dal portiere: Klinsmann è davvero forte. Per segnare al Cesena te la devi guadagnare. Davanti mi piace la gamba di Ciervo e Blesa, due giocatori che non conoscevo. E poi sono contento di vedere sempre dal primo minuto tre ragazzi del settore giovanile».
A proposito di giovani, considerando le voci della scorsa estate, le dispiace non allenare la Primavera?
«Sì. Nel mio percorso ho fatto tutte le categorie e mi sarebbe piaciuto chiudere il cerchio. Non ci siamo trovati: purtroppo è andata così. Ognuno ha le proprie idee, ci mancherebbe, purtroppo le tempistiche della decisione mi hanno un po’ penalizzato, ma non ce l’ho con nessuno».
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