Il Cesena, Mignani, il gruppo e le tre domande di Sir Alex Ferguson

Visto l’inizio della partita di ieri, è troppo facile dire che il Cesena ha messo la freccia e ha sorpassato. Si scherza solo perché per fortuna nessuno si è fatto male, ma le due pause forzate del primo tempo sono state allucinanti: volavano simil-lance in campo, mancava Mel Gibson pitturato in faccia e c’era tutto per il remake di Braveheart.
Giusto per la statistica: il 22 febbraio 2023, dopo Cesena-Reggiana, il Cesena è stato multato di 2.500 euro dal giudice sportivo per “avere i suoi tifosi dato alle fiamme uno striscione e lanciato in campo bicchieri di plastica semipieni”. Oggi come allora, il commento è lo stesso. Mah.
Tra un lancio e l’altro, la serata del San Vito ha detto che il confine tra l’ottavo posto e un campionato di pura sofferenza era sottilissimo. Essere a -1 dal Palermo e fare la stagione della Salernitana era questione di sfumature e va dato atto a questo gruppo di avere trovato le sfumature giuste. Tre punti da lacrime e sangue come quelli di ieri ribadiscono che salvarsi con due giornate di anticipo è stato un capolavoro, mentre centrare i play-off con una siffatta potenza di fuoco sarebbe lo stemma della Mercedes sul cofano di una Panda ormai prosciugata. Avere 50 punti vuol dire averne uno in meno del Palermo che al Manuzzi ha buttato in campo mille punte (tutte piuttosto forti) tenendo in panchina Henry che l’anno scorso giocava in A. Il Cesena di punte ne ha una che avrebbe bisogno di una vacanza, visto che Shpendi ha fatto la prima, la seconda, la terza e la quarta punta del Cesena e ormai col suo acido lattico si finanzia un mezzo reparto di yogurt Yomo.
Cristian e Klinsmann sono gli uomini-copertina di una squadra da 50 punti ricca di amor proprio, ma poverissima di personalità. Che giochi a cuor leggero o col cuore pesante, non fa differenza: il Cesena in questi mesi ha sempre fatto la partita che volevano gli altri, adeguandosi all’avversario. All’andata ha fatto prestazioni magnifiche in casa di Sassuolo e Spezia, ieri sera a tratti ha fatto oggettivamente spavento contro un avversario retrocesso, armato di tanto orgoglio e nulla di più.
Il lato migliore di tutti questi mesi è stato vedere un gruppo che nei suoi limiti è sempre stato credibile e ha remato nella stessa direzione del suo allenatore. Nella monumentale biografia di Alex Ferguson (lunghetta ma merita) a un certo punto Sir Alex analizza il rapporto tra allenatore e giocatori: “Nel corso di una stagione ogni giocatore si farà queste tre domande sull’allenatore: 1) Può farci vincere? 2) Può farci diventare calciatori migliori? 3) È leale con noi? Se la risposta a queste domande è sì, sono disposti a sopportare qualsiasi cosa”.
Il Cesena ha sopportato qualsiasi cosa, è una squadra unita piena di giocatori non maturi. Alcuni devono diventare maturi, alcuni non lo diventeranno mai, su altri ci sono dubbi da mal di testa (il teatrino di Tavsan su punizione, i tremendi calzettoni di Antonucci). Otto anni fa al gruppo di Massimo Drago abbinarono il centrocampista polacco della Primavera Bartosz Wolski, un ragazzo che prometteva bene. Dopo due allenamenti, a chi gli chiedeva un parere, Drago rispondeva: “È ancora crudo”. E noi sul momento pensammo che il Cesena avesse trovato il primo giocatore sushi della storia, un carpaccio di centrocampo in cerca di un perché. Invece Drago aveva ragione, da tecnico che i giocatori li vedeva eccome, mentre sulla gestione del gruppo era rimasto alla prima pagina del manuale. Wolski era crudo come tanti del Cesena attuale: oggi vediamo ragazzi che tra 5 anni potrebbero avere una grande carriera come perdersi in C o in D. Sono nel pieno di un percorso di cottura fatto di belle cose, inciampi, errori e pure paura delle frecce dall’alto. Ma soprattutto, hanno già fatto 50 punti in B: questa è una medaglia che nessuno potrà togliere.