Il Cesena che aspetta Toscano e le grappe di Paolo Ponzo

Si era quasi in pensiero: era da circa un mese che non si parlava di portieri. Una squadra che riapre il dibattito con questa cadenza non può arrivare prima: l’incredibile varietà di soluzioni con cui il Cesena riesce a farsi gol da solo è la vera differenza nei confronti di Reggiana ed Entella. Il 2-2 di ieri certifica il momento più difficile della stagione e qui deve essere bravo Toscano. Curriculum alla mano, resta lui il singolo più affidabile del Cesena: è spuntata una avvisaglia di crisi e deve risolverla l’allenatore con la sua esperienza.
Il Montevarchi ha iniziato la partita prendendo a calci il Cesena, mettendola sull’agonismo come deve fare una squadra più debole. Il Cesena c’è rimasto male, come se l’avversario gli avesse rubato l’idea: mettendo le rose a confronto, era doveroso vedere molto di più nei due lati del campo, sia in difesa che nella qualità di una manovra che dipende da un 19enne come Shpendi.

Cesena e Montevarchi, appunto. Tra le poche cose in comune tra queste due realtà c’è anche un ex ragazzo che si chiamava Paolo Ponzo. Il 24 marzo saranno già dieci anni dalla sua scomparsa, che sono molti per chi gli ha voluto bene e sono pochi per dimenticare quello che ha rappresentato. Come in parecchi ricordano, Paolo Ponzo è stato l’unico giocatore della storia del Cesena a dividersi tra il campo e il volontariato al Centro d’Ascolto Caritas diretto da Don Giorgio Gasperoni, alle spalle della chiesa di Sant’Agostino. Paolino faceva parte della squadra dei volontari del giovedì mattina (orario 9-12) e ci mise poco a legare con il gruppo degli obiettori Caritas dell’annata 1997-1998. Di conseguenza, superò in fretta il provino per essere convocato alle impegnative cene bimestrali degli obiettori, in avamposti patrimonio dell’umanità tipo la trattoria dell’Acquarola o la Lina di Montecodruzzo. Dalle tagliatelle fino al castrato, Paolino compensava le calorie perse in campo con poderosi menu romagnoli che farebbero ardere di sdegno il vegano medio, mentre il popolo obiettore urlante a un certo punto partiva regolarmente con il coro “Gioca bene o gioca male, Paolo Ponzo in Nazionale”, dettando il ritmo con battimani sui tavoli che facevano alzare piatti e bicchieri di mezzo metro.
Gran finale poi con il reparto grappe e amari, dove Don Giorgio e Paolino mettevano in scena dei derby da mezzofondisti che lasciavano a bocca aperta. Don Giorgio (un altro che ci ha lasciato troppo presto) non era solo l’anima del Centro d’Ascolto, ma pure un formidabile uomo spogliatoio, motore del primo brindisi come dell’ultimo. “Modestamente, gli amici mi chiamano il beverendo”, amava ripetere, e una sera all’Acquarola andò in scena un memorabile confronto a suon di amari, tra Don Giorgio e Ponzo, dove ognuno alla fine rese l’onore delle armi all’altro.
“Oh Paolino, però ci dai dentro coi bicchieri, ma poi riesci a giocare?”.
“Tranquillo Giorgio, oggi è martedì, la partita c’è domenica, hai voglia”.
“Ah, tutto ok allora, meglio così”.
“E tu invece Giorgio? Come fai?”.
“In che senso?”
“Beh, come fai a recuperare da quello che hai bevuto. Domattina presto non hai la messa?”.
“Sì, ma reggo bene, poi domattina in chiesa ci saranno tre nonne in tutto. In fondo, io sono messo come te”.
“Cioè?”
“Domani ho un allenamento, la messa che conta c’è domenica. Anch’io domenica ho la mia partita e mi farò trovare pronto”.

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