Fiorenzuola-Cesena, la qualità che manca e la frequenza di passo

Cesena-Reggiana 1-2 è stata talmente lunga che è finita ieri sera: ci sono forti indizi che sia Diana che Toscano abbiano patito lo scarico di una partita emotivamente pesante, raccogliendo un doppio 0-0 dove la bella figura l'hanno fatta Carrarese e Fiorenzuola.
Il punto di Fiorenzuola ribadisce i dubbi che si avevano sul mercato di gennaio del Cesena, quando si valutarono calibri di qualità (Mosti, Giovannini) che non sono arrivati. Di conseguenza, non è aumentato un tasso di talento che senza la cometa di Stiven Shpendi caduta dal cielo sarebbe stato ancora più basso. Senza una condizione fisica scintillante e un’aggressione efficace, questa è una squadra compatta e che si vuole bene, ma che a livello qualitativo non è da primi posti: Chiarello nei progetti estivi doveva essere l’anello di congiunzione tra il cemento di Prestia e Bianchi e i gol di Corazza e Ferrante, ma non ha funzionato. Tutto un Cesena-Reggiana a chiedersi perché diavolo Toscano non lo aveva fatto partire titolare e poi ecco Fiorenzuola-Cesena a rivalutare le mosse di Toscano, uno che a livello creativo non regala guizzi clamorosi, ma al momento ha un reparto punte incapace di mettere una pezza ai momenti in cui Corazza va in pausa ed entra in modalità Sarao.
Un innesto qualitativo dalla cintola in su sarebbe servito per dare colore a pomeriggi grigi come quello di ieri, dove aspetti che una magata risolva tutto e poi va a finire che si è fatta sera.
Il Cesena non ha ritrovato la sua frequenza di passo e a proposito di frequenza, anche 28 anni fa era il 27 febbraio, i Rem suonarono in concerto a Casalecchio di Reno e iniziarono parlando di frequenza, con “What's the frequency Kenneth?”, brano di apertura dell'album Monster. Tra le migliaia di fans di quel concerto c’era pure uno in fila che mormorava "ma che bravo il mio amico Vincenzino, ma lo hai visto che bravo" con quella voce roca alla Fabio Calcaterra che ti fa preoccupare, perché quando inizi ad associare tutto al pallone non è sempre un buon segno. Certo che a un primo sommario controllo, anche di faccia quel tipo somigliava a Fabio Calcaterra. Dopo una ulteriore verifica, venne appurato che gli somigliava perché in effetti era Calcaterra, esponente di una macchinata di giocatori del Cesena completata da Dolcetti, Leoni e Del Bianco. Il capofila dell'ala rock di quello spogliatoio era Dolcetti, uno che arrivò a definire un giro di chitarre degli Smashing Pumpkins “duro come un tackle di Favi” e che allevò le orecchie di un Rivalta poi diventato cultore dei Radiohead.
Quel concerto andò in scena il 27 febbraio 1995: il giorno prima, il Cesena aveva battuto 2-1 in casa il Lecce con due gol giovanissimi, il primo del 17enne Massimo Ambrosini e il secondo del 18enne Vincenzo Maenza. Una vittoria dall'alto coefficiente di rischio, visto che nella difesa di quel Lecce comandava Pasquale Bruno detto “O’ animale”. Un soprannome non è tutto, ma dice qualcosa e se vi chiamano “O’ animale” anziché “Pinturicchio” o “Special One”, qualche motivo deve esserci.
Bruno era uno dei più appassionati raccoglitori di tibie che il calcio italiano ricordi e anche quel giorno a Cesena provò a girare il prequel del film "Il collezionista di ossa" (1999), poi ad un certo punto venne sostituito sull’1-1. Poco dopo, Bolchi fece uscire Teodorani per Maenza, tremendo turbo-tappo che centrò il gol-vittoria. Così a memoria, quel gol del metro e cinquantotto di Maenza resta l’unico esempio di costruzione dal basso che fece vincere le partite al Cesena.

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