Calcio C, Zebi: La tattica si può allenare, i gol li devi comperare

Che cos’è il calcio per Moreno Zebi?

«E’ uno spaccato esistenziale: il calcio ha tante caratteristiche che rappresentano le fasi della vita. Quanto successo ieri conta poco, bisogna sempre guardare avanti perché il futuro è oggi. Il riflesso che c’è sul domani dipende sempre da quanto hai fatto oggi».

In campo Moreno Zebi era?

«Una presenza pensante, un giocatore che ha sempre avuto nella testa il bene del gruppo: piuttosto che mettere in difficoltà un compagno, le figuracce le facevo io. Non ho mai rifiutato le responsabilità».

Da direttore sportivo sta dimostrando competenza, conoscenza dei giocatori e capacità nell’individuarne il talento. Dà anche l’impressione di essere ambizioso: è così?

«Sono ambizioso, non lo nascondo. L’ambizione è il mio motore, l’ambizione sono il continuo studio della tattica e la voglia di migliorare. Finché sono giovane, voglio crearmi un percorso per riuscire un giorno ad arrivare in alto».

Tra la fine della sua carriera calcistica e l’inizio di quella dirigenziale, lei si è laureato e ha fatto un’esperienza in politica: racconti.

«La mia ultima partita l’ho giocata con la maglia del Ravenna il 14 giugno 2015: vincemmo la finale per la promozione in D (2-0 contro il Ghiviborgo, ndr) e mi ritirai perché più che diventare un vecchio calciatore, preferivo poter diventare un giovane dirigente. L’anno dopo presi la Laurea magistrale in Scienze e Tecnologie Geologiche (la triennale l’aveva conseguita nel 2013, ndr) e nel frattempo ero diventato consigliere comunale a Gubbio. Assunsi anche la presidenza della Seconda commissione: lo feci per spirito di servizio. Da cittadino e non da politico, perché non ho mai avuto tessere di partito. Lo feci con impegno e serietà fino a quando nell’estate 2017 fui assunto dal Perugia: non sono invece orgoglioso di quanto fatto nell’ultima fase del mio mandato, perché il ruolo nel Perugia mi impegnava a tempo pieno».

Poi l’esperienza a Novara: ma perché direttore sportivo e non allenatore?

«Perché non ho pazienza. Non mi sono mai visto in campo con una tuta ad insegnare calcio, mi è sempre piaciuto immaginarmi nel ruolo di manager. Sono attratto dalla progettazione e dalla programmazione. Continuo a studiare la tattica e la tecnica, ma più che allenare un talento, preferisco individuare il talento».

Per il Moreno Zebi calciatore Cesena cosa rappresentò?

«Il momento più alto della mia carriera per il contesto, per il momento e per la promozione in B che ottenemmo. L’estate 2008 fu lunghissima: il mio trasferimento dal Foligno, dove avevo fatto una splendida stagione, al Cesena fu un parto. Mi volevano in B ma io volevo seguire Bisoli. Sono arrivato a giocarmi la mia chance a 28 anni, forse tardi, ma meritavo di fare quel percorso: ognuno occupa lo spazio che ha, che gli appartiene. Personalmente, quella a Cesena fu una brutta stagione. Trovai un ambiente sporco per la retrocessione dell’anno precedente, incontrai difficoltà all’inizio e poi mi feci male. Senza di me, il Cesena iniziò a correre. Quando rientrai mi misi a disposizione del gruppo e non giocai quasi mai».

Per il Moreno Zebi direttore sportivo Cesena rappresenta?

«Un ulteriore passaggio fondamentale. Quando l’estate scorsa mi è stata concessa questa grande opportunità, mi sono votato completamente a questa causa. Però non mi sono approcciato come feci da calciatore: no, questa volta me la sono voluta giocare a gas spalancato».

Completi la frase: il direttore sportivo è...

«L’equilibratore e il garante di tutte le componenti, colui che crea il percorso in cui si muovono allenatore, staff, calciatori, proprietà e area medica».

Il percorso di costruzione di una squadra come inizia?

«Il primo aspetto, il più importante è la missione del club. Serve un bilancio preventivo in cui si indicano gli obiettivi e si forniscono le risorse. Da lì si parte con l’individuazione della persona che deve condurre la squadra: quella dell’allenatore è una scelta essenziale e strategica perché direttore e allenatore devono creare insieme l’idea di squadra».

L’impressione è che lei e Viali abbiate veleggiato sulla stessa lunghezza d’onda fin da subito…

«Un po’ perché ci conoscevamo da Novara, dove avevamo creato un rapporto di fiducia e stima, un po’ perché abbiamo avuto fin da subito le idee chiare per la squadra e per il gioco. Una volta individuate le macro-caratteristiche, abbiamo costruito il Cesena scegliendo i profili giusti e non i profili migliori».

Al primo summit di mercato con la società siete stati chiari: per migliorare dobbiamo segnare 50 gol, quindi servono due punte che garantiscano 25 gol.

«Io credo che la tattica si possa allenare mentre i gol si devono comprare. Per noi Caturano e Bortolussi erano e sono punte complementari che garantivano tra i 20 e i 25 gol e quindi pur di averli abbiamo risparmiato altrove».

Il Cesena messo in campo appassiona e viaggia molto più forte di quanto ci si aspettasse. Però Padova e Perugia, ma anche Sudtirol e Modena sono di livello superiore.

«Il delta tra noi e le prime quattro esiste. Sia a livello di rose che a livello di investimenti».

L’obiettivo è dunque il 5° posto?

«Può essere l’obiettivo da mettere ora nel mirino. È un obiettivo non scontato ma di prestigio anche perchè ci darebbe qualche possibilità in più nei play-off, dove arrivare in fondo sarà comunque complicatissimo».

Moreno Zebi resterà a Cesena se?

«Visti i rapporti che si sono creati, credo che presto ci metteremo a un tavolo per parlare. Io vorrei continuare il percorso che abbiamo iniziato insieme e ritengo ci siano i presupposti per farlo. Però questo campionato ha alzato l’asticella e quindi dobbiamo proseguire su questa strada».

Ultima domanda: com’è la Cesena di Moreno Zebi?

«La mia Cesena sono l’appartamentino in centro, l’ufficio allo stadio, l’allenamento a Villa Silvia e, purtroppo, poco altro. A me piace provare ristoranti e mi piace il cibo romagnolo ma visto il Covid quest’anno ho praticamente cenato sempre in casa. Più che altro a casa di Viali, visto che 4/5 sere a settimana mangiamo insieme da lui perché ha l’appartamento più grande e più comodo. La cena è l’unico momento di distrazione della giornata mentre a pranzo mangio quasi sempre una piadina in ufficio e infatti sto ingrassando troppo. Chi cucina? Prendiamo quasi sempre cibo da asporto ma qualche volta Viali mi ha sorpreso anche ai fornelli».

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