Calcio C, Stiven Shpendi: "Cesena, posso fare molto di più"

Il bello di questa storia è che nell’ultima settimana ha guidato una macchina perfetta come il Cesena pur non avendo ancora la patente: «Però a scuola guida ho superato la teoria commettendo solo due errori e ora mi manca solo l’ultimo sforzo. Anche se devo ammettere che non è mica male farsi scarrozzare da mio fratello». In attesa di mettere in moto l’auto, che per ora guida Cristian, Stiven Shpendi ha messo la quinta sabato contro il Siena, dopo aver asfaltato le difese di Pontedera e Recanatese a suon di doppiette. Sullo sfondo c’è il derby di Imola, in uno stadio dove un anno fa esatto (23 febbraio 2022) il gemello subentrò a Carlo Ilari, schierato come esterno di centrocampo per gli assalti finali in quello che resta il secondo e ultimo gettone della sua stagione da comparsa dopo il debutto da due minuti contro l’Ancona.


Stiven, dodici mesi dopo quei 5 minuti giocati quasi per caso a Imola, oggi lei è diventato titolare del Cesena nonché secondo miglior marcatore alle spalle di Corazza. Cosa è cambiato in questo anno?

«Tutto. Un anno fa ero un calciatore della Primavera aggregato in prima squadra, oggi è completamente un’altra storia e devo dire che neppure me lo aspettavo. Ma penso di aver dimostrato ancora poco e di poter fare ancora molto di più».

In questa stagione ha trovato un allenatore che le ha dato fiducia fin dal ritiro. Qual è stato il primo insegnamento di Toscano che ha fatto la differenza?


«Scelgo due frasi che mi ripete sempre. La prima: “L’attaccante deve essere sempre pronto per fare gol”. La seconda: “Stiven, a volte sei troppo frenetico in area, abbassa i giri sotto porta”. Queste due frasi me le tengo strette e le uso per migliorare».


Quando si è reso conto di poter giocare a questi livelli?

«Nell’ultima amichevole di quest’estate contro il Padova, quando ho giocato al fianco di Cristian. Non siamo riusciti a segnare ed era pur sempre calcio estivo, ma quella partita è servita tanto a entrambi. E’ stato il primo esame superato insieme».


A maggio compirà 20 anni. Ricorda il suo primo giorno di calcio da bambino?

«Sì, avevo 6 anni e feci il primo allenamento nella Real Metauro a Lucrezia. Nella partitella finale riuscimmo a segnare sia io che Cristian, anche perché eravamo arrivati abbastanza pronti: nostro papà ci portava al campo già da alcuni anni e sapevamo come muoverci».


Dal Real Metauro a oggi sono trascorsi 13 anni, nei quali ha giocato a Fano, San Marino e Cesena.

«Dopo i primi due anni a Lucrezia ci presero ai Delfini Fano, dove siamo rimasti 4 anni, ma il primo salto vero l’ho fatto a San Marino. Non fu un passaggio facile, perché cominciai a giocare a livello regionale contro squadroni come Sassuolo, Bologna, Parma e naturalmente Cesena. Dopo il primo anno con Loris Bonesso, ho conosciuto Filippo Masolini, con Giovanni Ceccarelli l’allenatore più importante nel mio percorso, che ho poi ritrovato a Cesena».


E’ vero che Masolini un giorno tenne fuori lei e Cristian per colpa di un piccolo ritardo?


«Sì, è verissimo. E infatti da quel giorno non siamo mai più arrivati tardi a un allenamento o a una partita. Nell’Under 17 del Cesena a volte ci teneva fuori o non ci faceva giocare insieme dall’inizio perché segnavamo troppi gol. Quanto a Ceccarelli, lo ringrazio per la fiducia: sono diventato capitano e ho trascorso due anni meravigliosi in Primavera, con l’unico rimpianto della finale persa contro l’Arezzo, quando mi feci male al ginocchio, un infortunio che mi fece saltare il ritiro di un anno e mezzo fa».


Ce l’ha un idolo nel calcio o fuori dal campo?

«Da quando seguo il calcio è sempre stato Cristiano Ronaldo, ma per fedeltà e attaccamento alla maglia scelgo Javier Zanetti».


In questi anni cosa pensa di aver rubato a Cristian e cosa Cristian ha rubato a lei in campo?

«A Cristian io rubo la malizia che ha dentro l’area di rigore, perché dentro l’area mio fratello è più forte di me. Lui da me ha rubato i dribbling, è diventato più bravo nell’uno contro uno».


Pur giocando molto meno, suo fratello non è ancora riuscito a segnare.

«Ma non gli pesa, è sereno. Sa che il gol prima o poi arriva».


Insieme avete condiviso anche l’esperienza con l’Under 21 albanese.

«Bellissima, anche se non parliamo nemmeno una parola di albanese e ci siamo arrangiati anche con l’inglese. Capiamo la lingua, ma in casa si parla solo italiano».


E’ stato più difficile segnare 5 gol in una settimana o superare l’esame di teoria per la patente?

«Superare la teoria è stata una liberazione, segnare 5 gol in tre partite una grandissima soddisfazione».

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