Maurizio Lauro, domenica al Moccagatta sfiderà per la prima volta da allenatore il "suo" Cesena. Quale sarà la difficoltà più grande?
«Il Cesena è molto più forte di noi e di conseguenza le difficoltà saranno tante e non solo una. Hanno la miglior difesa e il miglior attacco, sono i più forti assieme a chi il campionato lo ha già vinto. Credo possa bastare».
Dica la verità: è curioso di affrontarlo da un’altra prospettiva?
«Questo sì. Con la Ternana avevo sfidato il Cesena tre volte e in una segnai pure, poi non sono riuscito a giocare la quarta perché mi ruppi un piede proprio una settimana prima. Da allenatore cambia completamente la prospettiva. Quando giocavo mi preoccupavo dell’avversario solo nel giorno della partita, adesso lo studio dal primo giorno della settimana».
In 10 partite alla guida dell'Alessandria, la sua squadra ha svoltato: da 0.96 punti a partita con Rebuffi, oggi viaggiate a 1.3. Cosa è cambiato in questi due mesi?
«Il primo impatto è stato positivo, ma abbiamo raccolto poco e questo è stato il grande problema. Nelle prime 4-5 partite abbiamo lasciato troppi punti e c’è stato un calo psicologico, perché la salvezza diretta si allontanava. Da quando abbiamo cominciato a pensare solo ai play-out, ci siamo sbloccati mentalmente. La svolta è arrivata prima di Pasqua contro l’Ancona, una partita stravinta contro una squadra molto più forte di noi, poi ci siamo ripetuti a Montevarchi. Nelle ultime gare abbiamo giocato con il 4-3-3, ma prima ho utilizzato anche 4-2-3-1 e 4-3-1-2. Ho cambiato tanto per necessità».
La Reggiana ha già festeggiato la B, il Cesena si gioca il secondo posto. Cosa è mancato per vincere al Cavalluccio?
«Lo scontro diretto è stato lo spartiacque ma non per la sconfitta, quanto per quello che è accaduto dopo. Forse la partita è stata caricata troppo ed è arrivato un contraccolpo psicologico. Se il Cesena non avesse sbagliato le tre partite successive, oggi sarebbe in Serie B».
Tornando alla sua nuova vita, c'è un allenatore al quale si ispira maggiormente?
«A me piace tanto Vincenzo Italiano. E’ il mio preferito in assoluto, poi dico Maurizio Sarri. Sono due allenatori diversi, ma apprezzo tantissimo il loro modo di interpretare il calcio e la partita. Diciamo che sono i miei modelli».
E il suo maestro, pensando a chi ha avuto da calciatore, chi è stato?
«Io da calciatore ho assorbito tanto dal primo Giampaolo ad Ascoli, molto meno da quello che ho avuto a Cesena. Mi ha insegnato tante cose, era già avanti anni luce rispetto a tanti colleghi».
E tra quelli avuti a Cesena?
«Ho imparato qualcosa praticamente da tutti. Da Castori la gestione del gruppo: era formidabile nel rapporto con i calciatori. In Bisoli la grinta e la voglia di andare oltre i propri limiti, riusciva sempre a tirare fuori qualcosa in più. Ficcadenti è stato molto bravo a livello tattico, preparatissimo e molto meticoloso: il suo era un ottimo 4-3-3. Giampaolo, Arrigoni e Beretta li ho avuti in un contesto particolare e sono ingiudicabili, come Vavassori…».
Le piacerebbe allenare il Maurizio Lauro calciatore che a Cesena abbiamo conosciuto e ammirato per sette anni?
«Magari, anche se non ero un calciatore facile da gestire, perchè ero abbastanza presuntuoso nei confronti degli allenatori, ritenendomi molto preparato soprattutto tatticamente. Ad esempio, non era facile tenermi fuori e spesso non mi capacitavo di alcune scelte e di alcune panchine. Però davo sempre tutto indipendentemente dai minuti. In allenamento ho sempre tirato e sempre remato dalla parte giusta».
Lei è stato giocatore di Toscano: dove si vede la mano del tecnico?
«Ecco, con lui a volte andavo in panchina e abbiamo avuto anche qualche discussione a Terni. Quando venne esonerato, fui però uno dei pochi o forse l’unico che cercò di non farlo allontanare. Quanto alla sua mano, la vedo nell’aggressività, nel cercare sempre di prevalere nei duelli individuali. Non ha paura, è conscio della propria forza. E si vede che il Cesena quando gioca è forte».
Qual è il giocatore bianconero che le piacerebbe allenare?
«Stiven Shpendi è un ragazzo importante, mi piace tantissimo».
Cosa le manca maggiormente dei suoi anni in Romagna?
«La gente, la semplicità delle persone, insieme all’accoglienza e alla cordialità».
Avrebbe preferito tornare da ex ed essere in panchina al Manuzzi?
«Al Manuzzi sono già venuto da avversario con la Ternana e ci ho già segnato, quindi direi che è meglio per tutti giocarla al Moccagatta...».