L’antipasto se lo era gustato in una notte di mezza estate, il 4 agosto 2024, quando tornò per la prima volta da avversario in un Orogel Stadium-Dino Manuzzi semivuoto. Ma un preliminare di Coppa Italia non è minimamente paragonabile ad una partita di Serie B, un campionato al quale Mattia Bortolussi si è affacciato molto tardi. Ha fatto decisamente prima, invece, a farsi apprezzare con la maglia del Cesena, che il centravanti marchigiano ha indossato 80 volte in gare ufficiali, segnando 28 gol tra il 2020 e il 2022. Per firmare il primo di questi 28 impiegò appena 9 minuti, sul campo-bonsai della Virtus Verona, 16 in meno di quelli che invece gli sono serviti per firmare il primo gol in Serie B in questa stagione con la maglia del Padova sul campo dell’Empoli, sempre alla 1a giornata di campionato.
Bortolussi nemico carissimo: “Il mio Cesena era una famiglia”
Bortolussi, lunedì sera sfiderà per la prima volta il Cavalluccio in Serie B. Che effetto le fa?
«Un bellissimo effetto, perché questo campionato è un’altra cosa e sono contento di giocare la mia prima gara da ex, Coppa esclusa, in questo palcoscenico».
Lei è arrivato in Serie B a 29 anni, dopo aver vinto finalmente il campionato di C. Ha avuto paura di non farcela più?
«No, non ci ho mai pensato. Parliamo di calcio, la paura deve stare fuori dal campo e deve far parte eventualmente di altri contesti ben diversi. Per me aver raggiunto la B sul campo ha avuto ancora più peso e ora mi godo il momento e basta. So quanto ho dato per riuscire a tagliare questo traguardo, che ho guadagnato senza aver ricevuto alcun regalo, se non dai miei genitori, che mi hanno sempre sostenuto. Poi noi un anno fa il campionato lo abbiamo vinto due volte: a gennaio, quando avevamo 10 punti di vantaggio, e in volata, dopo che il Vicenza ci aveva superato e la promozione sembrava esserci sfuggita sul più bello».
Chiuda gli occhi per qualche istante. Quali sono le tre immagini che le vengono in mente ripensando alle due stagioni trascorse a Cesena?
«Tre immagini non possono bastare. Andiamo con ordine: innanzitutto scelgo il giorno del mio arrivo dopo la lunghissima trattativa con il Novara. Sono arrivato negli ultimi giorni, voluto fortemente da Moreno Zebi, al quale devo tantissimo. Seconda immagine: il gol di testa al debutto sul campo della Virtus Verona. Poi ne scelgo altri due: quello a fine stagione in casa con l’Arezzo, che mi ha permesso di vincere la classifica marcatori al primo colpo, e quello contro il Pontedera nel campionato successivo, con la maglia azzurra dedicata alla curva Mare, che era finalmente piena: ogni tanto riguardo ancora quel video e mi emoziono. Poi ci sono stati anche momenti meno belli, tipo le due eliminazioni ai play-off. Vincere sarebbe stato difficile, ma non meritavamo di uscire in quel modo così beffardo e doloroso contro Matelica e Monopoli».
Sono stati i due rimpianti più grandi?
«Sì, soprattutto la prima sconfitta. La società era una famiglia, ci hanno messo a disposizione tutto quello che potevano e anche di più in un momento molto particolare a causa della pandemia. L’altro grande rimpianto è proprio di natura ambientale: aver vissuto a Cesena gli anni del Covid, a livello calcistico, è stato un peccato perché un tifo del genere mi sarebbe piaciuto viverlo diversamente. Ogni tanto ne parlo ancora con il mio amico Giulio Favale ed entrambi pensiamo a quanto sarebbe stato bello, soprattutto il primo anno, giocare in un Manuzzi pieno».
Lunedì sera rivedrà alcuni ex compagni come Ciofi, Berti, Francesconi e Shpendi. Se li aspettava già protagonisti in B da ormai più di un anno?
«Sì, per un motivo molto semplice: sono tutti figli di Cesena o del settore giovanile del Cesena. E Cesena è un posto dove i giovani sentono qualcosa di differente, vengono valorizzati e giocano. Dovrebbe essere così dappertutto. Io ricordo ancora il primo giorno di Berti: era la prima volta che si allenava con noi e si vedeva subito che aveva qualcosa di diverso e di particolare. E lo stesso discorso vale anche per Shpendi: sia Cristian che Stiven sentivano già la porta».
Lei ha segnato praticamente la metà (6) dei gol totali del Padova (13). Si aspettava di essere subito determinante anche in B?
«Faccio fatica a rispondere (sorride, ndr). Posso dire che io lavoro per segnare e che mi aspettavo un approccio più difficile e più duro. I 6 gol mi soddisfano, ma sto lavorando per migliorare ancora. La C è stata la mia categoria per anni, ora vorrei che lo diventasse la B».
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