Alfio Pelliccioni: “Fossi in Toscano resterei a Cesena, non c’è nulla di meglio”

Una l’ha affrontata da avversario negli ultimi tre campionati, nelle altre due ha lavorato per un totale di 7 stagioni. Alfio Pelliccioni conosce come le sue tasche non solo la Serie C, ma anche le tre squadre che la Serie C 2023-2024 l’hanno vinta a braccia alzate, dominando i tre gironi. Il “suo” Cesena, dove ha lavorato dal 2018 al 2020, il Mantova, dove è stato direttore sportivo dal 2012 al gennaio 2017, e infine la Juve Stabia, che ha incrociato anche quest’anno prima di salutare il Monopoli, si sfideranno nel mese di maggio per la conquista della Supercoppa. L’ex direttore sportivo bianconero, nel suo buen retiro di San Marino, dispensa complimenti e guarda avanti. Alla Supercoppa e soprattutto alla Serie B.

Pelliccioni, alla fine hanno vinto Cesena, Mantova e Juve Stabia. Si aspettava questo terzetto?

«Me ne aspettavo una, il Cesena, mentre le altre due no e mi hanno davvero sorpreso. Ero certo che quest’anno il Cesena ce l’avrebbe fatta, poi la squadra di Toscano ha scelto di stravincere e non solo di vincere, ma la promozione non è mai stata in discussione per me, neppure dopo Olbia. Non avrei mai pensato, invece, di vedere Mantova e Juve Stabia in B, a maggior ragione con questi distacchi in classifica. Il Mantova veniva da un ripescaggio e mi aspettavo che avrebbe giocato a testa libera e senza alcuna pressione, ma da essere una possibile sorpresa a diventare la dominatrice del campionato ce ne passa. La stessa cosa vale anche per la Juve Stabia, che ha messo in fila squadre ambiziose e ricche come Avellino e Benevento, tanto per fare due nomi».

Qual è stata la forza del Cesena?

«La continuità e non aver mai sottovalutato nessuno. In più aggiungo due fattori: il miglioramento di chi c’era l’anno scorso, proprio come è successo a Catanzaro nella scorsa stagione, e l’incastro tra giovani e vecchi. Giocare con quattro ragazzi cresciuti nel settore giovanile, praticamente sempre titolari, è un record. Penso non sia mai successo nella storia recente della C».

La forza del Mantova?

«Il modo di giocare. Da categoria superiore. Quindi dico Davide Possanzini e il direttore sportivo Botturi, che non ha sbagliato un giocatore. La difficoltà più grande non è stata tanto la ripartenza da una retrocessione, perché in estate è cambiato tutto, ma aver amalgamato il gruppo velocemente. Pensavo servissero almeno due anni per provare a fare un campionato di vertice, anche perché c’erano Padova e Vicenza, e invece hanno bruciato le tappe».

Infine, quella della Juve Stabia?

«Il direttore sportivo Lovisa ha preso giocatori che conosceva e Pagliuca ha forgiato il gruppo a sua immagine e somiglianza. I suoi fedelissimi che aveva a Siena sono stati determinanti. Poi dico la solidità, perché hanno preso pochissimi gol, e infine Adorante, che avrei voluto a tutti i costi a Monopoli a luglio. Il Cesena non aveva bisogno di un giocatore a gennaio, il Mantova ha preso Bombagi, che ha influito poco. Invece Adorante è stato semplicemente determinante. E quando indovini un giocatore anche a gennaio, la strada diventa in discesa».

Possanzini e Pagliuca sono due allenatori molto diversi.

«Possanzini colpisce tutti per la qualità del gioco, una delle migliori proposte in Italia. Non lo conoscevo e mi ha conquistato, in C è difficile giocare così bene. Pagliuca ha un carattere forte, conosce la C come le sue tasche e ha dato la sua forte impronta alla squadra».

Per le tre neopromosse al piano superiore, potrà essere il Catanzaro, che lei ha cominciato a costruire nel 2021-2022, un esempio da seguire?

«Il punto di riferimento per chi vuole stupire anche in B è il Catanzaro. Negli ultimi 2-3 anni hanno fatto un lavoro straordinario. Ho sentito in questi giorni Vivarini e mi ha detto: “Alfio, giocano ancora quelli che hai portato tu due anni fa”. Il percorso del Cesena assomiglia a quello del Catanzaro: progetto biennale, eliminazione in semifinale play-off tra mille rimpianti nella prima stagione e promozione dei record l’anno dopo. Quindi al Cesena auguro di imitare il Catanzaro anche in B».

E’ vero che due anni fa avevate pensato anche a Toscano dopo l’esonero di Calabro?

«Sì, ci aveva pensato il presidente, mentre io avevo contattato Vivarini. Alla fine è arrivato lui e Mimmo è passato al Cesena in estate. Diciamo che è andata bene a tutti».

L’anno prossimo in B cosa serve di nuovo e di diverso?

«In B cambia il mondo. Qualcuno può rimanere, come a Catanzaro, che ha 5-6 titolari dell’anno scorso. Ma penso che una buona metà di un gruppo che vince la C vada cambiata, perché la B è completamente diversa».

Cosa non bisogna sbagliare?

«L’incastro tra i nuovi e i vecchi. Poi chiaramente dipende dai programmi di una società e dal budget».

Quale giovane la intriga di più tra quelli del Cesena?

«Cristian Shpendi, perché lo conoscevo da quando era a San Marino. Quando nel 2019 riportai Masolini ad allenare a Cesena, lui volle fortemente portare con sé i due gemelli, che sono stati la forza di questi anni. Gli altri tre li conoscevo meno, perché li avevo visti solo in Primavera. Non mi aspettavo di vedere Pieraccini e Francesconi a questi livelli, mentre Berti aveva più esperienza. Faccio i complimenti a Toscano, perché anche con loro non ha sbagliato una mossa».

Secondo lei resterà a Cesena anche in B?

«Fossi in lui resterei. Perché Cesena è Cesena, oggi non c’è nulla di meglio».

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