Se si fa a gara a chi segna di più, per il Cesena iniziano i guai

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Il Cesena non ha perso per colpa dell'arbitro, però la direzione di Fabbri merita una riflessione a parte. Ha arbitrato in modo non degno di una bella carriera, iniziata da giovane emergente pronto al dialogo con giocatori e panchine. Ieri ha guidato in modo astioso una partita mai cattiva, procedendo in modalità Nucini di Bergamo o Velotto di Grosseto (arbitri che avrebbero fatto prendere il daspo al Mahatma Gandhi). Ha zittito a suon di urla Dionigi solo perché agitava pensieroso l'indice della mano di fronte a un fallo contro la Reggiana, fino all'esagerato rosso per proteste a Bastoni. Arbitrare al tempo del Var di sicuro è difficilissimo, ma è stato troppo invadente sulla partita.

La Reggiana ci ha detto che quando si fa a gara a chi segna di più, per il Cesena iniziano i guai. Dai 25 minuti di Diao ai 90 più recupero di Blesa, ieri Mignani ha aperto la stiva, usando tutta la potenza di fuoco a sua disposizione e ogni attaccante ha giocato almeno una mezzoretta. Risultato? Una giornata a fare legna nel bosco usando il coltellino da formaggio: sei sempre lì che tagli, ma non butti giù niente.

Fin dall'estate era chiaro che il Cesena avesse alzato i mattoni delle certezze in difesa e a centrocampo, mentre davanti ha fatto alcune scommesse, puntando su giocatori che magari avranno un buon futuro, ma ora sono alle prese con un presente problematico. Nessuno può dire che questo gruppo non ci provi, anzi: ha spirito e ha pure la gamba per l'arrembaggio in dieci contro undici alla terza gara in sette giorni, ma davanti non ha gol nei piedi.

Per come è stata costruita, questa squadra da 11 preziosi punti in 7 partite non può permettersi di difendere male. Lo hanno capito quasi tutti tranne Adamo, che diventerà un giocatore utile quando metterà la sua generosità in un contenitore di cose semplici. Per ora non c'è riuscito, anzi: tra i giocatori che sbranarono la C, è rimasto l'unico a non avere capito che si sta giocando in B. L'aspetto più positivo resta che il serbatoio dei punti è salito in fretta su buoni livelli e questo aiuta ad avere pazienza, aspettando una sforbiciata da gol di Olivieri, Shpendi che in area non perdona, Diao che rivela come sia fatto un suo tiro, Adamo che recupera palla e poi non ne cerca una mezza dozzina da dribblare. Gli 11 punti aiutano ad attendere con fiducia, nessuno ha messo il marchio su nessuno.

A tal proposito il guaio è che si torna quasi sempre a lui, ma compie ormai 30 anni (mamma mia, 30 anni) una accorata difesa su un allenatore marchiato e mai digerito dalla piazza. Detta come va detta, Marco Tardelli non piaceva quasi a nessuno, Edmeo Lugaresi andò a difenderlo in tv nella trasmissione del lunedì sera e in una pausa pubblicitaria si lasciò andare con i giornalisti al suo fianco: “Ma perché la gente ce l’ha con Marco? È uno bravo, è scrupoloso, è uno che cerca il pelo nell’uomo”.

E grazie alle parole del pres, sul momento ci immaginammo un Tardelli che col rasoio insegue Mino Bizzarri per depilargli le braccia, oppure esercita il suo essere scrupoloso spuntando con dovizia l’iconico pizzetto di Dario Hubner, non prima di avere preso d’assalto quella barbaccia che ogni tanto sfuggiva di mano ad Aldo Dolcetti. Oggettivamente un delirio. Per fortuna la pausa pubblicitaria fu lunga, ci fu tempo per riprendere fiato, compensare, fare un bel respiro, asciugarsi le lacrime e ripartire. Stava quasi per stendere tutti, ci mancò giusto un pelo.

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