Il futuro di Shpendi, Juve-Cesena e il centravanti dimenticato in autogrill

Il Cesena ha vinto grazie all’ennesimo partitone di Berti, Francesconi e Cristian Shpendi. È una frase che solo 6 mesi fa nessuno si sarebbe immaginato, a dimostrazione che questa non era la squadra più forte e una dominatrice annunciata, ma ha avuto la bravura di diventarlo. Berti Francesconi e Shpendi non erano titolari nell’idea iniziale, ma senza di loro e gli altri ragazzi ora il Cesena non sarebbe dove si trova ora e questo va a merito loro e di chi ha avuto il raziocinio di capire che le gerarchie andavano cambiate. Il posto di Berti era di Saber, Francesconi era la riserva di Varone, Cristian partiva in sesta fila o quasi in attacco. Cristian, appunto: ora intriga capire quale strada sceglierà per il suo futuro. La breve storia dei gemelli Shpendi ha lasciato due lezioni. La prima: non ti abbattere se nel primo anno da senior non ingrani (Cristian). La seconda: il fosso tra Serie C e Serie A è troppo esteso per saltarlo nel giro di un’estate (Stiven). Di conseguenza: credi nel tuo talento e non avere fretta. È evidente che nella testa e nei piedi di Cristian ci sia un calcio di livello superiore, ma quello che sta passando il suo gemello a Empoli è un invito a procedere con i passi giusti e un anno in B a Cesena sarebbe un gradino ad altezza giusta.

L’augurio più banale che si possa fare a Cristian è di non perdersi per strada. Una volta è successo che un centravanti del Cesena si sia perso per strada e il problema è che non è un modo di dire. Storia del tardo pomeriggio di domenica 22 novembre 1987, corsia sud della autostrada A1, area di servizio di Piacenza. C’è un signore che sta facendo benzina e viene avvicinato da un giovane col ricciolo fresco di doccia, piuttosto elegante, in completo blu, giacca e cravatta.

“Scusi, lei per caso va a Rimini?”.

“No, perché?”.

“Sto cercando un passaggio per Rimini, io abito lì”.

“E come mai cerca un passaggio qui?”

“Ero in autogrill a comprare qualcosa, ma il mio pullman è partito e mi hanno lasciato qui”.

“Ah. Così elegante era in giro per lavoro immagino”.

“Sì, trasferta di lavoro”.

“E che lavoro fa?”.

“Il centravanti del Cesena, mi chiamo Pasquale Traini”.

La domenica nera del curriculum di accompagnatore di una persona fantastica come Vittorio Casali era cominciata così. Il Cesena era di ritorno dal Comunale di Torino dopo avere perso 2-1 contro la Juventus: doppietta di Brio e gol di Rizzitelli, la famosa domenica del petardo lanciato all’intervallo dai tifosi della Juve che stordisce Dario Sanguin, costretto a lasciare il posto a Beppe Angelini. Il Cesena farà ricorso e vincerà 2-0 a tavolino, ma adesso Pasquale Traini ha un problema più urgente da risolvere. Ha giocato un quarto d’ora entrando al 75’ per Di Bartolomei e ora deve riuscire a tornare a casa. Era l’ultimo della fila alla cassa dell’autogrill di Piacenza e mentre usciva ha visto il pullman del Cesena mettersi in movimento. “Starà spostandosi per fare passare qualcuno”, pensa sul momento. Invece il pullman procede e guadagna l’autostrada. Non crede ai suoi occhi, ma è successo davvero: lo hanno lasciato a piedi. Esce e prova a raggiungere il pullman, niente da fare, nessuno si è accorto di lui. Torna in autogrill e telefona alla moglie Gioia.

“Gioia sono io: mi sa che faccio tardi”.

“Ah e come mai?”.

“Siamo all’autogrill di Piacenza. Cioè, no: ci sono solo io. Il pullman è ripartito senza di me”.

“E adesso come facciamo?”

“Ora cerco un passaggio”.

In un mondo senza telefoni cellulari è tutto diverso. Il signore che fa benzina esce a Modena ed è già qualcosa. Traini strappa un passaggio e si fa lasciare alla stazione di Modena per tornare a Rimini, dove vive con la famiglia. Non ci sono treni per Rimini nelle ore successive, così dalla stazione telefona di nuovo alla moglie. La signora Gioia è riuscita a parlare al telefono con il segretario Pietro Sarti, che viaggiava in auto con i dirigenti ed è tornato a casa molto prima rispetto al pullman della squadra.

“Pasquale, dove sei adesso?”

“In stazione a Modena, ma per il primo treno per Rimini c’è da aspettare una vita”.

“Prendi un taxi e fatti portare a casa, che a saldare poi pensa il Cesena. Ho parlato con Sarti, ha detto di fare così”.

“Ok prendo un taxi”.

Intanto c’è la squadra che ormai è in A14 e si avvicina a Cesena: Traini è una colonna storica dello spogliatoio, gli vogliono bene tutti, ma nessuno si è accorto che non è a bordo. Quando si gioca in casa della Juve, le provinciali da sempre usano la tattica resa celebre da Josè Mourinho: parcheggiare il pullman davanti alla porta. Per Traini è stato diverso: ha giocato con la Juve, poi il pullman parcheggiato lo ha visto sfilare via. Da Rimini, la signora Gioia si fa dare un passaggio e si mette in moto verso Cesena per andare a ritirare la Volvo di Pasquale, parcheggiata allo stadio insieme alle auto dei suoi compagni.

Il pullman arriva allo stadio e ogni giocatore della squadra di Bigon prende le sue cose, da Seba Rossi ad Armenise, passando per Ceramicola e Lorenzo. L’accompagnatore come sempre esce per primo dal pullman, vede sfilare i suoi ragazzi ed è in quel preciso momento che a Vittorio Casali si gela il sangue.

“Ommadonna. Dov’è Traini?”

Poi Casali sposta lo sguardo e vede la signora Gioia con le chiavi di riserva dell’auto che lo punta con un livello di carica agonistica che poche ore prima Sergio Brio non ha mai raggiunto in marcatura contro gli attaccanti del Cesena. Parte un franco confronto tra moglie e accompagnatore, dove per l’ennesima volta si capisce bene chi faccia parte del sesso debole e chi del sesso forte. Una domenica incredibile di calcio di provincia che Vittorio Casali ha sempre riassunto agli amici usando poche ma incisive parole: “Quella volta che la moglie di Traini mi fece un culo così”.

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