Il Cesena in gita premio e gli interrogatori di Pisa

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Ha perso il Pisa nonostante le sue qualità, su tutte un pragmatismo che lo porterà lontano. Ha vinto il Cesena con la sua qualità più spiccata di inizio stagione: non ha mai paura di giocare a pallone in ogni momento della partita. Poi le cose possono girare più o meno bene: a volte c’è lo Spezia che scoperchia una bella prestazione, altre volte ecco la traversa che respinge il Pisa. Resta l’idea di fondo: la proposta del Cesena è giocare a calcio e la traccia impostata da Mignani è credibile.

La vittoria di Pisa certifica il sorpasso di Klinsmann su un Siano che dovrà cercarsi squadra (Siano è troppo bravo per fare il terzo portiere in B) e porta in premio la gita alla accademia del nostro calcio. In mezzo a un panorama in cui mezzo mondo ci prende a schiaffoni, l’Atalanta è la cosa migliore vista negli ultimi cinque anni in Italia. La gita premio, come da tradizione a Pisa, è arrivata in una gara finita con un po’ di baruffa, comunque una bazzecola rispetto a quello che accadde nel 2003 nei play-off dell’allora C1. Come tanti ricordano, la semifinale d’andata venne decisa da un rigore realizzato dal centravanti del Pisa Alessandro Ambrosi. Un rigore (mano di Christian Terlizzi appeso alla traversa) molto contestato dal Cesena, con proteste arricchite dall’invasione di campo di un tifoso ospite lucido il giusto ma inoffensivo, entrato nel rettangolo verde a sventolare una bandiera. Gli steward lo allontanarono con veemenza e partì in sua difesa Simone Confalone, supportato da altri compagni. A quel punto entrò in scena la celere di Pisa e via a una raffica di spintoni, con minuti di grande tensione.

A fine gara, negli spogliatoi vennero identificati e interrogati ad uno ad uno Roberto Vitiello, Simone Confalone, Gaetano Vasari, Florian Myrtaj, Emanuele Chiaretti e Damiano Cesari. Tutti e sei vennero denunciati per violenza e resistenza a pubblico ufficiale in concorso. Beppe Iachini ha sempre ricordato come quel dopo-partita condizionò i play-off, anche se gli interrogatori nella pancia dello stadio di Pisa non spaventarono nessuno, anzi: dominava la goliardia. Le scene erano le seguenti. Corridoio degli spogliatoi, una stanza adibita in fretta e furia a sede degli interrogatori e un poliziotto che chiama l’interrogato di turno.

“Roberto Vitiello chi è?”.

“Io”.

“Entri pure”.

Coro con battimani dei compagni di squadra: “Li-be-ra-te-lo. Li-be-ra-te-lo”.

“Gaetano Vasari?”.

“Sono io”.

“Venga”.

Coro con battimani: “Li-be-ra-te-lo. Li-be-ra-te-lo”.

E così via fino alla fine, con tanto di pennellata finale verso un centravanti di grande talento, ma pesantuccio di carattere.

“Florian Myrtaj chi è?”

“Sono io”.

“Entri pure”.

Coro del gruppo: “Rin-chiu-de-te-lo. Rin-chiu-de-te-lo”.

I giorni successivi furono ricchi di vuote polemiche: nello spogliatoio c’era zero preoccupazione per le denunce, ma alla lunga la tensione rovinò la gara di ritorno. Tutto questo nonostante le parole del magazziniere Ugo Angeli per riderci sopra alla ripresa degli allenamenti a Villa Silvia: “Va bene che questi non sono un granché a giocare, ma arrivare a denunciarli mi sembra un po’ troppo”.

P.s.: oggi ricorre il quattordicesimo anniversario della scomparsa di Edmeo Lugaresi, a cui è dedicata questa rubrica. L’unico presidente di calcio che quando invitava a darsi da fare, riscriveva le leggi dell’anatomia, aprendo nuovi orizzonti della chirurgia estetica. Sì insomma, quando diceva: “Ora rimbocchiamoci le mani” era oggettivamente uno spasso, una scena da Frankenstein Jr. O forse bisognava solo cambiare prospettiva. Magari eravamo noi a non avere capito. Forse Edmeo intendeva dire che quando hai poche risorse e non hai nemmeno le maniche della camicia, devi fare il massimo con il poco che hai. E in vista dell’Atalanta, meglio iniziare a rimboccarsi le mani.

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