Il Cesena, il Pineto e l’arte di trascinare gli altri nel tuo campo di gioco

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C’è qualcosa che manca nel cammino del Cesena e sono le vittorie per 1-0. È un tipo di vittoria che manca anche al Pescara, che però con Zeman segue un’altra religione, figlia di una idea di calcio che nasce dalla pallamano, lo sport che ha formato il boemo. La sorprendente Torres di 1-0 ne ha già infilati un paio, forte di un ottimo portiere come Zaccagno che ha incassato 3 gol in 9 partite: quelli di Toscano di reti ne hanno prese il triplo.

Mancava la stordente bravura di Shpendi, mancava il guarito immaginario Donnarumma, uno che da 20 giorni non ha nulla però non gioca. Tutti inciampi concreti, ma per il tipo di squadra che vuole essere il Cesena, se cavi il tappo a una gara come quella di ieri e vai sullo 0-1, allora devi portarla a casa, come sanno fare quelli bravi.

Quelli bravi, già. È una regola che vale anche per i giornalisti. Storia dell’ottobre 2011: conferenza stampa di Adrian Mutu e già di per sé è una notizia (parlò tre volte in un campionato) alla vigilia della gara da ex contro la Fiorentina. Ci sono i giornalisti locali e si presenta anche Sky con l’inviato Marco Nosotti. Ora: Marco Nosotti è probabilmente il migliore giornalista di Sky, perché è uno dei pochi che ha la personalità di uscire dallo spartito e sa metterci molto del suo, a livello di contenuti e nel modo di comunicarli. Ha studiato recitazione, ha fatto teatro e si vede.

Quanto a Mutu, se c’è una cosa che abbiamo capito di lui quell’anno era che le domande lunghe gli piacevano il giusto. Forte di un ego piuttosto pronunciato (un misto tra la sicumera di Zlatan Ibrahimovic e la trascinante simpatia di Matteo Renzi), a Mutu più che ascoltare, piace ascoltarsi. Professionale nel rapporto con la stampa, ma di solito con lui si va a botta e risposta diretta e anche gli addetti stampa del Cesena dell’epoca consigliano di tenerla corta.

Via quindi alla conferenza stampa. Nosotti chiede gentilmente: «Ragazzi, potrei cominciare io?». E comincia lui. Ecco la domanda. «Ciao Adrian, genio maledetto, ragazzaccio scapestrato. Un talento del calcio che negli anni si è perso in giro per l’Europa e per l’Italia. Un fuoriclasse che ha attraversato mille problemi per un carattere spesso non facile. Un dio del calcio controverso: per tanti, un campione che poteva fare molto di più, per tanti altri, un genio mancato. Un giocatore destinato a dividere i pareri, ma che sa fare ancora magie in un campo di gioco e si è rimesso in discussione a Cesena, una piazza di provincia così lontana e così diversa da Torino, Londra o Firenze. Una Cesena che aspetta i tuoi gol per puntare alla salvezza e magari in futuro a qualcosa di più. Ora arriva la Fiorentina, la squadra dei tuoi momenti di gloria, come vivi questi giorni?». Ecco, questa fu la prima domanda. Oddio, più che una domanda, era un’intera puntata di “Un posto al sole”. Seguono un paio di secondi di gelo e sul momento si formulano le seguenti ipotesi:

1) Ora Mutu si alza e se ne va.

2) Ribalta il tavolo e urla: «No al calcio moderno, no alla pay tv».

3) Scappa e chiede asilo politico a San Marino.

4) Si rende definitivamente conto che sta giocando con Marco Rossi e Abdelkader Ghezzal, coglie l’occasione al volo e strappa il contratto.

5) Compra lui il Cesena per fare giocare il figlio in porta.

Non accadde nulla di tutto questo. Anzi: arrivò una risposta seria, cordiale e argomentata. Nosotti si confermò talmente bravo da portare Mutu sul suo campo di gioco e Mutu si era messo a giocare bene: almeno lì, almeno a parole, in quel campionato dove il Cesena pretendeva di insegnare calcio a chi il calcio lo conosceva già. Tipo Giovanni Sartori, il migliore dirigente italiano degli ultimi 20 anni. In quella stagione, Sartori era ancora al Chievo e prima della gara di ritorno al Bentegodi disse al Corriere Romagna: «Dobbiamo stare attenti, perché se guardo ai singoli tipo Mutu, Iaquinta o Santana, il Cesena non è mica da ultimo posto». Il modo più educato per dire: «Guarda questi come ci sono cascati».

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