Il Cesena, il gol di Pierozzi e Ceccarelli che non usciva più dallo stadio

La ricorderemo come quella volta in cui fece gol Pierozzi e poi mezzo Cesena entrò nel piano di sotto della curva per esultare, con Chiarello ad entrarci talmente tanto dentro che visto che c’era poteva mettersi in fila al bar. Visto che è finita in gloria, è giusto anche ricordare come è cominciata, con l’impegno di chi nell’estate 2018 ha continuato a lavorare senza avere un datore di lavoro. Dopo il fallimento, c’è stata gente che ha lavorato nel nome del Cesena anche quando il Cesena non esisteva. Gente che si chiama Marco Valentini, Gianluca Campana, Diletta Sarti e altri ancora più dietro le quinte. Un tipo di fedeltà ai colori che non la spieghi con una storia su Instagram, lo stesso sentimento alla base della magnifica coreografia di ieri nei distinti. Il Cesena ha avuto grandi giocatori, da Cera a Frustalupi fino a Jimenez e Mutu, eppure ha un pubblico che si identifica nel percorso dei ragazzi del settore giovanile. Forse verrà un giorno in cui Simone Pieraccini e Antonio David incontreranno davvero Adrian Mutu: lo ascolteranno parlare di se stesso (Mutu resta l’argomento preferito di Mutu) però ad un certo potranno dirgli: “A noi a Cesena hanno fatto una coreografia e a te no”. È un senso di appartenenza che fa da traino a tutto un mondo, sono valori che il Cesena non può perdere, che giochi in C, in B o in A.

Dopo tutto quello che è successo ieri, una delle grandi partite della storia scende di una posizione. Cesena-Atalanta 2-0 del 21 giugno 1981 diventa la penultima volta in cui il Cesena festeggiò una promozione nel suo stadio. Con la Lazio a -1, quel giorno serviva una vittoria per la sicurezza della A e il Cesena la colse con il colpo di testa di Massimo Bonini e la rovesciata di Oliviero Garlini. La partita iniziava alle 17 e il fischio finale arrivò poco prima delle 19, come ci ricorda “CesenA”, magnifica rivista da 82 pagine realizzata da Luciano Poggi con le foto di Vittorio Calbucci (2.000 lire per una lettura terapeutica, un investimento).

Come festeggiò quel giorno il Cesena? Non uscì mai dallo stadio, fece notte lì. Niente magliette celebrative, niente sfilate, nulla. Al fischio finale il più commosso di tutti è Giampiero Ceccarelli, che va a cercare un Osvaldo Bagnoli che tenta di nascondersi, ma non abbastanza, perché Cecca ha troppa voglia di essere il primo ad abbracciarlo. Oliviero Garlini e Giancarlo Oddi invece cercano il vice Emilio Bonci per portarlo in trionfo e il cardigan bianco di Miglio vola in aria verso un cielo che minaccia pioggia e poi la promette. Giro d’onore del gruppo sulla pista d’atletica, poi nel piazzale davanti alla tribuna spuntano damigiane varie, piadina e ciambella e ci si ferma lì, mentre in città il clou della festa è all’edicola Franco alla Barriera.

Bonini, Arrigoni e compagnia sono carichi e pallettoni e smontano lo spogliatoio dalla gioia, quindi tra il dopo-doccia e l’attacco al buffet e alle damigiane si fanno le nove e poi le dieci di sera. Si dispongono delle panchine da giardini pubblici in mezzo al campo di gioco, tutta la squadra si siede come a teatro e inizia il tradizionale collegamento con la Domenica Sportiva. Riflettori accesi: si va in onda e in studio c’è il più grande giornalista sportivo italiano dell’epoca, ovvero Beppe Viola, mentre sul campo il microfono lo tiene Pierluigi Cera, alla prima vittoria da dirigente. Viola gli fa i complimenti, ma Cera è carico a pallettoni e traccia il confine tra l’essere umili e l’essere presi in giro. “Non eravamo partiti per andare in Serie A, però vorrei anche dire una cosa. Noi siamo qui solo questa sera dopo che ci avete snobbato: per mesi il nome del Cesena è stato fatto solo quando si leggeva la classifica”. Si chiude il collegamento, si fanno le undici abbondanti di sera. C’è Ceccarelli che per coerenza piange a intervalli di mezzora ed Emilio Bonci che a un certo punto guarda l’orologio e il suo capitano.

“Cecca, si sono fatte le undici, ma non si va mai via da qui?”.

“Emilio, siamo nel nostro stadio, siamo in Serie A. Mi dici dove si può stare meglio di qui?”. Sono passati quasi 43 anni e Giampiero Ceccarelli ha mantenuto la parola. È sempre rimasto qui, non è mai uscito dallo stadio, mentre Emilio Bonci da lassù gli ricorda che quando gioca il Cesena c’è sempre il sole e se piove è acqua santa.

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