Il Cesena, i gol nei piedi e i numeri di telefono di Maurizio Mosca
I gol di Marco Curto nello scorso campionato in B? Zero in 25 presenze, poi ha tolto la polvere dal fascicolo con la magata di ieri. I gol di Cristian Shpendi in B fino alla settimana scorsa? Zero, visto che è un debuttante: diventerà un gran giocatore, ma non si può chiedergli tutto e subito. Se la qualità del gioco resta questa, allora Mignani dal mercato si merita gente con gol da B nei piedi, quei gol che per ora non ha Kargbo, in attesa di capire cosa vogliono essere Antonucci e Van Hooijdonk.
Un campionato fa, con prestazioni come quella di ieri sera si sbranavano Entella o Pescara in trasferta: ora il livello si è alzato in partite che vivono di dettagli. Non sarebbe stato uno scandalo se la Carrarese avesse pareggiato al Manuzzi, mentre il Sassuolo ha avuto il portiere che ha fatto il centravanti e il Cesena ha fatto un gol anziché tre. E pensare che tutto sembrava essere iniziato sotto una luna storta, con l’acciacco a Prestia a dare lavoro ai fisioterapisti, categoria che da queste parti ha avuto ottimi professionisti e un’eccellenza.
In pochi lo ricordano, ma all’inizio degli anni 90 il Cesena venne sfiorato da un iconico momento di televisione.
“Un grande fisioterapista, il più bravo di tutti. Se volete chiamarlo, questo è il suo numero”.
Forchetta alla mano che restava a penzoloni davanti alla bocca. Lo aveva fatto davvero: Maurizio Mosca aveva appena dato in diretta su Italia Uno a “Guida al campionato” il numero di telefono di Mimmo Pezza.
Chi era Mimmo Pezza? Geremia Mimmo Pezza da Viserba era il sultano del lettino dei massaggi, fisioterapista del Cesena che negli anni 90 era diventato un must per le stelle del calcio e non solo (tra i suoi clienti c’era anche Diego Abatantuono). Mimmo era talmente bravo da essere entrato nelle grazie di Gianfranco Zola e Gianluca Vialli, mentre Arrigo Sacchi lo fece entrare nel giro della Nazionale.
La sua fama arrivò fino a Maurizio Mosca, che su Italia Uno stava completando il passaggio da giornalista a uomo di spettacolo. Nei primi anni 90, la mania di Mosca di dare i numeri di telefono diventò una bomba a orologeria. Una volta arrivò a dire: “Sapete perché Vialli non rende? Segnatevi questo numero....”. E diede in diretta il numero di Alba Parietti. Il giorno dopo una vittoria della Ferrari, rivelò il numero di Jean Todt (“così tutti potranno fargli i complimenti”) ma Todt non la prese benissimo.
Scendendo dalla Ferrari e tornando alle zolle nostrane, Mimmo Pezza a Villa Silvia era di un livello superiore e parlava un linguaggio troppo alto per i cronisti che chiedevano lumi sulle condizioni di un talento come Dolcetti o di un eterno sottovalutato come Leoni, tanto per citare due uomini-chiave del Cesena di Bolchi. Alle domande dei giornalisti, Mimmo era sempre di corsa e pretendeva troppo da chi gli stava di fronte.
“Mimmo scusi, come sta Dolcetti?”.
“Un problemino al compatto di Hoffa, ma risolvibile”.
“Benissimo. E Leoni?”
“Ha questo guaio al plantare gracile, ma gli ho detto di non preoccuparsi”.
“Tutto chiaro, grazie”.
E senza il conforto di google, a quei tempi era dura. Si tornava in redazione chiedendosi cosa cavolo fosse il compatto di Hoffa, con quel nome da valle del Signore degli Anelli (“...e verso la Terra di Mezzo, valicheremo il compatto di Hoffa...”). Poi sudando sangue si arrivava a scoprire che si trovava dietro al tendine rotuleo, mentre il plantare gracile non era il titolo di una canzone di De Andrè ma un tendine del calcagno di modesta importanza che però quando fa male, beh, fa male. E dopo la diagnosi di Mimmo, a riportarci sulla terra arrivava la prognosi di Edmeo Lugaresi verso la partita successiva: “Tott pugnetti, valà chi zùga”. (Traduzione per i non romagnoli: “Rimango convinto che alla fine i ragazzi stringeranno i denti e saranno in campo”).