Il Cesena e le lacrime di Shpendi che innaffiano il terreno

Play-off e lacrime, quindi. Quelle di Cristian Shpendi in pettorina dopo i rigori contro il Lecco del 2023, poi quelle di ieri a Catanzaro. Sono lacrime che hanno innaffiato bene il terreno e hanno riportato il Cesena dove deve stare. Giocare in B con un pensierino sparso verso la Serie A: questa è l’erba di casa, questo è ciò che è successo. Per una neopromossa che ad un certo punto si è ritrovata senza attaccanti o quasi, il massimo possibile.
Lo ricorderemo come il campionato di Klinsmann, l’uomo dal cognome importante che da ex raccomandato ha avuto la forza di trasformarsi in un consiglio da intenditori. Poi lo ricorderemo come il campionato dei ragazzi, anzi no: dei giocatori cresciuti in casa, che suona meglio. Il complimento migliore che si può fare a Shpendi, Francesconi o Berti è che abbiamo smesso in fretta di trattarli da calciatori giovani, preferendo trattarli da calciatori veri, esaltandoli quando giocavano bene e criticandoli quando andavano male. In tre parole: trattandoli da adulti. È questa la diversità del Cesena da coltivare. All’inizio del mese la Lega di Serie A ha pubblicato una bella intervista ad Alessio Zerbin, che si sta affermando nel Venezia e che giocò qui qualche anno fa. Il problema era il titolo dell’intervista, con Zerbin definito “giovane astro nascente”. Zerbin è nato nel 1999 e ha 26 anni: sarebbe giovane se facesse il medico o l’ingegnere, non il calciatore.
La via dei ragazzi costruiti in casa resta l’unica percorribile. Per costruire una impalcatura di categoria, i vari Mangraviti, Calò o Bastoni avevano un senso. Ma se devi rischiare il salto nel buio con un Russo qualunque, meglio un Coveri o un Perini dalla Primavera: rischi comunque, ma almeno rischi con i tuoi, regali minuti adulti ai tuoi ragazzi, dimostri ai talenti di mezza Italia che venire nel vivaio del Cesena è sempre un’occasione.
La stagione è finita a Catanzaro in una partita apparecchiata bene da Mignani. La tattica era giusta: soffriggere il Catanzaro sullo 0-0 e aspettare l’episodio. Non è andata, ma una squadra con un’anima ha dato tutto e i gesti di Celia e Ciofi che si fiondano a consolare Shpendi dopo il rigore non sono scontati, ma l’ultimo segnale di un gruppo che ha remato sempre bene. L’allenatore un’impronta l’ha data, ha lavorato in modo serio e il secondo anno scritto nel suo contratto se lo è meritato sul campo. Però Mignani in queste ore cosa pensa? Proviamo ad entrare nella sua testa e le ipotesi sembrano due. 1) “A Cesena sto alla grande e ho il contratto, ovviamente resto”. 2) “Se cambia il direttore sportivo e ne arriva un altro che non mi ha scelto, divento l’anello debole e tutti mi rompono le scatole ai primi due pareggi. Meglio andarsene dopo una buona stagione”.
Di conseguenza, tocca alla società fare chiarezza, con gli americani che il risultato lo stanno portando a casa; il guaio è che di solito in primavera non brillano per reattività. Da Artico a Mignani fino al settore giovanile, c’è tanto da decidere e per il vivaio sarebbe pure tardi. In una recente intervista, l’allenatore del Torino Paolo Vanoli ha detto che il Como cresce con i soldi, mentre Bologna e Atalanta crescono con le idee. Ecco, appunto: il Cesena ora che idee ha? Come vuole investire sul settimo posto? Conservare la B porrà finalmente le basi per un progetto serio sulle strutture? Sono i classici dell’estate che si ripropongono, le domande in fondo sono sempre le stesse. Magari è colpa del calcio, o forse no, il problema è a monte. Come ricorda Renzo Arbore, in fondo il primo stadio del rincoglionimento è ripetere sempre le stesse cose. Il primo stadio del rincoglionimento è ripetere sempre le stesse cose. Il primo stadio del rincoglionimento è ripetere sempre le stesse cose.