Il Cesena e la scelta di Blesa: non è mica da questi particolari che si giudica un direttore

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In attesa di capire se è l’uomo giusto, di sicuro Jalen Blesa è l’uomo al momento giusto. Il suo provino a Cesena arriva in un momento storico dove non c’è uno straccio d’acquisto, c’è talmente voglia di novità che sembra forte a prescindere.

Riassumendo lo scenario: nell’ultima porzione di ritiro, arriva un giocatore che sa di giocarsi tutto in 3-4 allenamenti. È più fresco di colleghi con le gambe marmorizzate da settimane di lavoro e sulla via della saturazione a livello mentale. In più, ogni candidato in questi casi mostra la postura morale di un frate francescano anche se magari dentro ha un tripudio ormonale a metà tra il primo Radja Nainggolan e l’ultimo Nicolò Zaniolo.

In mezzo a tutto questo, non è facile capire a fondo un giocatore. Nell’estate 2007, in ritiro con il Cesena di Fabrizio Castori arrivò in prova un giovane attaccante. Tecnico, veloce, intelligente, vedeva il gioco con sprazzi di qualità. Il 21enne Andrea Ferretti sembrava super, invece combinò poco. Con tutto il senno di poi, è ufficiale che all’epoca non andava troppo forte Ferretti, andavano troppo piano gli altri.

Valutare un giocatore in prova è un affare da veri intenditori. Un affare per un Mignani giustamente preoccupato da rinforzi che non arrivano, un affare per un Fusco che arriva da riparatore di una società che ha speso troppo e in buona parte ha speso male. Al di là che Blesa sia il nuovo Zirkzee (il capello è quello) o un altro Ferretti, il lavoro di un direttore sportivo andrà giudicato alzando lo sguardo. Fusco arriva per creare un nuovo capitale giocatori, provando a chiudere il sipario su un periodo fatto di tanti punti e anche di giocatori dal rapporto qualità-prezzo fallimentare (Bianchi, Chiarello, Ferrante, Ogunseye, Van Hooijdonk, Antonucci), con incentivi all’esodo come se piovesse e il gran finale di un ex diesse pagato per altri due anni senza lavorare.

Non è un acquisto sbagliato o azzeccato che sposta il giudizio su un direttore sportivo, tanto tutti hanno un Ghezzal nell’armadio. Prendiamo i diesse del Cesena Fc. Alfio Pelliccioni in D portò Valeri pronosticandogli un futuro in A e qui c’è da togliersi il cappello. Il problema è che una volta in C, lo stesso Pelliccioni presentò Franchini come l’operazione più importante mai realizzata a Cesena: il minimo che si può dire è che esagerò un filino. Dopo di lui, Moreno Zebi ebbe una felicissima intuizione con un Collocolo che ora è in A, anche se poi offrì un pluriennale a Calderoni, ragazzo d’oro agli amari della carriera. Di Stefano Stefanelli spicca la pennellata finale della scelta di Donnarumma prima di andarsene, mentre con Udoh in attacco gli andò piuttosto male. Quanto a Fabio Artico, lo si ricorderà per la scommessa vinta con Kargbo, mentre con Van Hooijdonk pensava di portare un centravanti, invece ha consegnato alla lingua italiana un nuovo termine di paragone (“questo sarà anche scarso, ma ricordiamoci di Van Hoojdonk”).

Non esiste un direttore sportivo che non abbia sbagliato un acquisto. Beppe Marotta ai tempi della Juve versò 13 milioni di euro al Catania per il Malaka Martinez; un genio come Giovanni Sartori a Bologna ha speso 11 milioni per la punta svedese Jesper Karlsson (15 presenze e un gol in due anni). Sono inciampi di grandi dirigenti che sanno aprire percorsi, forti di una visione che fa la fortuna dei loro presidenti. Quale è la visione di calcio del Cesena Fc? Con la gestione americana nessuno lo ha capito, i direttori sportivi cambiano troppo in fretta. L’augurio migliore che si può fare a Fusco è che riesca a farcela capire lui.

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