Il Cesena e il pubblico sintonizzati sulla stessa frequenza

Il gol che ha consegnato all’Entella un punto meritato è proprio il tipo di gol che ossessionava il Cesena, che ha impostato il suo mercato estivo su un’idea di squadra alta e grossa in difesa. Tutto apparecchiato per non subire sulle palle alte e invece è successo. Andando indietro negli anni, quel tipo di punizioni in area nei minuti di recupero erano un affare per gente tipo Marco Zaninelli, Massimo Volta fino a Giuseppe Prestia, perché ci sono momenti in cui tocca al caporeparto che sposta tutti, vuole quel pallone, lo colpisce di testa e lo manda fuori dallo stadio. Non vedere i due metri di Zaro o il metro e novanta di Mangraviti andarsi a prendere il pallone stride con l’idea alla base della costruzione di questa squadra.
Al di là di un pari giusto, il gioco dei cambi di ieri è sembrato un segnale ad un Adamo che appare a fine percorso. E le entrate? Mignani ha lasciato aperto uno spiraglio per una occasione dell’ultima ora e tutto porta a pensare all’attacco, che però è un reparto che ha tre giocatori su quattro appena acquistati (Diao, Blesa, Olivieri). Il quarto è Shpendi che sarebbe il più facile da muovere, ma mancano poche ore alla fine del mercato ed è un rischio che non si può correre.
Il punto di ieri sera ha avuto un contorno di 10.120 spettatori e gare come questa danno il reale termometro del movimento attorno al Cesena. L’Entella aveva al seguito poche decine di valorosi tifosi, mentre il Cesena è arrivato a 7.578 abbonati, che non sono male, ma sono meno degli 8mila sperati dalla società. La campagna abbonamenti probabilmente avrà un’appendice, ma è un altro indizio che serve una politica dei prezzi diversa e al passo coi tempi: la curva esaurita in abbonamento in poche settimane resta un segnale da cogliere.
Di bello c’è che il pubblico viaggia sulla stessa frequenza della squadra. Il Manuzzi ha capito in fretta la complessità della serata di ieri: una partita dura, sempre viva, a tratti bruttina, ma pazienza, a volte anche il brutto fa tendenza. Per esempio nei primi anni 90 le radiocronache del Cesena venivano trasmesse da Radio Melody, che si ritagliò uno spicchio sportivo in mezzo a un palinsesto musicale originale e alternativo. C’era pure una rubrica dedicata a canzoni un po’ particolari che si chiamava “Disc orribilessum” (traduzione per i non romagnoli: “Disco non tanto bello”), una rubrica in cui gli ascoltatori dovevano recensire canzoni proposte da artisti piuttosto sbarellati. Uno dei primi a vincere il concorso fu il compianto Leone di Lernia, poi diventato popolare per le comparsate da San Siro nei collegamenti tv sul circuito Italia 7 Gold. Il Leone nei primi anni 90 si produsse in un coraggioso remake di “The rythm of the night” di Corona, con una cover dal titolo “Ti si mangiate la banana”, altrettanto ballabile, ma con un testo che al confronto i copioni dei film dei Vanzina erano letture dantesche. E le recensioni degli ascoltatori erano uno spasso: c’era perfino chi le spediva via fax (nel Mesozoico succedeva anche questo) con menzione d’onore per un “Più che Leone di Lernia, questo l’ernia me la fa venire”. Ma quando si viaggia sulla stessa frequenza, anche il brutto ha un suo fascino, alla radio come allo stadio.
P.S.: nella infantile illusione che riuscirà a leggerlo, questo pezzo è dedicato a Gianluca Magnani detto Magnus, anima rock di Radio Melody che ci ha lasciato troppo presto e declamava ai più giovani la breve poesia d’amore del disc-jockey. “Se ti prende fisicamente, è attrazione. Se ti prende mentalmente, è feeling. Se invece prende dappertutto, allora è Radio Maria”.
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