Il Cesena di Recanati, il coraggio dei giovani e la lavagna di Ballardini e Rivalta

Il colpo di tacco fuori di un grande giocatore come Melchiorri ha scavato il solco di Recanatese-Cesena 1-2, quel tipo di serata con gli episodi decisivi a favore che aumenta l’autostima. Dopo cambi quasi tutti peggiorativi, arrivare col fiatone alla vittoria dà ancora più valore a tre punti presi in un campo per niente facile. La gara di ieri conferma che a Recanati si divertiranno in pochi (in questo niente di nuovo, nemmeno un genio come Leopardi a suo tempo si sganasciava dalle risate); in più una striscia di 6 vittorie appone a Cesena-Torres l’etichetta di partita da ricordare. Ovviamente non decisiva, ma sarà una delle partite che scriverà la storia del campionato. Come ci arriva il Cesena? A livello mentale, nel migliore modo possibile: ha la consapevolezza di 6 vittorie e di 15 giocatori in gol, in più sta avendo tantissimo da giovani pieni di coraggio e questo è un ottimo segnale.

Nei campionati migliori del Cesena, i ragazzi del settore giovanile hanno sempre dato un contributo importante e uno dei lati migliori di questo spicchio di calcio è il rapporto con gli errori dei giocatori cresciuti qui. Non si ricordano fischi quando Emanuele Giaccherini si incapponiva col dribbling o quando Stefano Sensi esagerava con i filtranti in verticale alla Xavi. Erano liberi di crescere e sbagliare grazie anche a un tipo di pubblico che perdona l’errore di chi ha coraggio e non ha pietà per chi si rannicchia sulle sue paure, lasciando strada al Monopoli o al Lecco di turno.

In aggiunta a tutto questo, c’è una tradizione di insegnanti di calcio talmente lunga da fare spavento. Nei primi anni 90, il 15enne difensore degli Allievi Claudio Rivalta finiva l’allenamento e veniva portato a casa dal suo allenatore Davide Ballardini, ravennate come lui. A causa della reazione del dopo-doccia di Rivalta, Ballardini metteva in moto e i vetri della sua auto si appannavano regolarmente. Il Balla però non faceva una piega, anzi. Ad ogni semaforo rosso, usava il parabrezza appannato come una lavagna e disegnava un assetto difensivo, con tanto di quiz a Rivalta: “Allora Claudio, la palla è qui e l’attaccante è qui. Tu dove vai?”. Semaforo verde, si riparte, poi all’incrocio successivo ecco un altro rosso. Lavagna. Difesa. Quiz. “Dunque Claudio, e se invece la palla è qui e l’attaccante è qua?”. Avanti così per mesi, con Rivalta che più di una volta avrà pensato: “Oh, ma uno straccio di semaforo verde questo non lo prende mai?”. Ma se si guarda alla sostanza delle cose, la sostanza dice che Rivalta non sbagliò una risposta e visto che tra i difetti di Ballardini non c’è quello di non capire di calcio, Rivalta dopo 18 campionati da professionista oggi allena l’Under 17 della Juve.

E ancora. Tre settimane fa, alla Club House del Manuzzi si è rivisto Otello Catania, responsabile del settore giovanile del Cesena in due puntate distinte. Gli è stato chiesto come si può ricominciare a costruire i talenti in Italia e lui ha risposto così: “Mettendosi a giocare. Oggi i ragazzi giocano poco, si è ridotto il tempo che spendono in un campo di calcio, con il gioco libero al di fuori dell’allenamento che è quasi scomparso. C’è un mondo diverso, quindi bisogna pensare a cose diverse. Per esempio: la partitella. Chi ha detto che bisogna farla alla fine dell’allenamento? Sono consuetudini di un passato che non c’è più. Con i tempi che corrono oggi, la partitella bisognerebbe farla all’inizio dell’allenamento: i ragazzi hanno bisogno di ripetere il gesto tecnico nelle situazioni della partita, devono godere della soddisfazione di una bella giocata che riesce dentro la partita”. E ora resta giusto da capire cosa diavolo sia passato per la testa di Lugaresi e poi in quella di Campedelli per lasciare andare via uno così.

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