Il Cesena che ha già un’anima e la trattativa di Boranga

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Se i dirigenti di Cagliari e Lecce hanno cambiato canale dopo il primo tempo di Pescara-Cesena, il problema è risolto (in fondo ieri su La7 alle 21.20 iniziava la millesima replica di “Nel centro del mirino” con Clint Eastwood, mica pizza e fichi). Se si sono arresi dopo quel primo tempo traboccante di gol mangiati, Cristian Shpendi di sicuro continuerà qui il suo percorso. Se invece come è probabile hanno tenuto duro, allora i prossimi giorni potrebbero essere più complicati: se si sventola il sogno della Serie A e ci sarà un affondo concreto, sarà dura trattenere un ragazzo che per quanto bravo e serio, poi potrebbe accusare il colpo di un’occasione sfumata.

Il percorso di Cristian dentro la partita di ieri è una delle mille storie a lieto fine offerte da Mignani, uno che ora è più avanti rispetto a Vivarini, ma sarebbe superficiale etichettarlo come un vantaggio scontato. Questo vantaggio è pure il frutto del lavoro serio di un allenatore che anche quando sbaglia (e sbaglierà) non vende fumo e spesso porta punti. Il Pescara sarà pure un cantiere aperto, però ieri il Cesena aveva quasi il 50% di nuovi alla palla al centro (5 su 11: Zaro Bisoli, Ciervo, Frabotta, Blesa) e le vere certezze restano Zaro e Bisoli. Costruire in fretta un’anima di squadra non era scontato e iniziare bene in B è troppo importante: in fondo è sulla partenza dell’anno scorso che il Cesena ha messo i mattoni di una stagione dove non ha praticamente mai avuto paura di retrocedere.

Ieri hanno subito segnato le punte e l’acquisto di maggiore spessore come Bisoli, poi l’ultimo squillo è stata la parata di Klinsmann, uno che anche al 95’ di una gara già vinta è lì sul pezzo, con una forza mentale solida come la sua inscalfibile riga di capelli (fargli gol è difficile, spettinarlo è impossibile).

In tema di portieri, compie 50 anni la stagione 1975-1976, quella del sesto posto e del Cesena in Uefa. Il portiere era Lamberto Boranga, che all’epoca aveva 32 anni e sembrava a fine carriera: impressione disintegrata dalla storia, visto che l’82enne Boranga è tornato alla ribalta perché gioca in Prima categoria e quando si tuffa, fa una cosa che quasi nessun over 50 italiano saprebbe fare, ovvero si rialza.

Nella sterminata anedottica su Boranga durante le partite (lanci in aria del cappello e mani a simulare la fucilata da tiro al piattello, caffè bevuto tra i pali e così via) c’è anche un racconto di Eraldo Pecci su Torino-Cesena 1-1 del 16 maggio 1976, ultima giornata di campionato. Il Torino primo in classifica ha un punto di vantaggio sulla Juve che gioca a Perugia. La vittoria vale due punti e il Toro punta a vincere per essere sicuro dello scudetto. Al 61’ segna Pulici, ma dieci minuti dopo il Cesena pareggia grazie all’autogol di Mozzini. Il Torino spinge a tutta e il Cesena si mette in trincea. Calcio d’angolo per il Torino, Pecci raccoglie il pallone per accelerare la battuta e passa davanti a Boranga.

“Eraldo, basta, fermatevi, tanto la Juve perde”.

“La Juve perde?”

“Sì, ha fatto gol il Perugia, dai che il pareggio va bene a tutti”.

“Ma sei sicuro che la Juve perde?”.

“Sì che sono sicuro, te lo giuro sui miei figli”.

E quando racconta questa storia Pecci chiude sempre così: “Boranga non se la finiva più e io pieno di dubbi mi domandavo: “Ma questo qui che giura a ripetizione, avrà davvero dei figli o mi prende per il sedere?”. Passai tutto il resto del secondo tempo a chiedermelo, finché non vincemmo lo scudetto”.

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