Cesena-Gubbio, le parole giuste e il discorso di Piangerelli

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Poteva riaprirsi la pentola del campionato, invece il Cesena ci ha rimesso il coperchio, continuando una cottura a fuoco vivo fatta di numeri irreali. La striscia vincente della Torres e la visione di Carrarese e Gubbio confermano l'idea che alcune big avranno pure bucato, ma il livello del girone non è mica così basso. Quello di ieri tra l'altro è stato uno spettacolo piacevole che ha regalato più sensazioni: da un paio di gare è più facile avere delle palle-gol contro il Cesena, che però ha un portiere di categoria che ha convinto gli scettici (molti, diciamo pure tutti) con grande serenità d’animo. In più c’è una punta come Shpendi che non ha un fiuto del gol, questo è una intera batteria di nasi da tartufo, con alle spalle una squadra da primo posto innanzi tutto nella testa. C’era una gara complessa a livello mentale, anche perchè da settimane in una fetta di stadio è partita la gara a chi dice per primo che il Cesena è già in B, tanto al massimo il ruolo dell’asino è dell’allenatore. Una delle qualità più belle dello sport è che sa prendere a sberle i presuntuosi: va dato merito alla squadra di non esserlo mai stato e la vittoria di ieri è figlia di leader che sanno dire le parole giuste.

Accadde anche il 30 maggio 2010, nel giorno del ritorno in A. Piacenza-Cesena era una partita che ne valeva due e soprattutto nel primo tempo le gambe del Cesena erano di marmo: chiunque fosse in campo o in panchina quel giorno lo ricorda. Perché va bene il contorno magnifico, i 6mila e passa tifosi, un Piacenza motivato il giusto. Va bene il contorno, ma era per l’appunto il contorno: si era arrivati al dunque e pesava la scimmia sulla spalla di tanti giocatori che un anno prima erano in C e si giocavano la vera svolta della carriera. E infatti all’intervallo sta ancora 0-0 e nello spogliatoio domina la tensione. Il Padova sta addirittura vincendo 2-0 sul Brescia, quindi tutto benissimo dagli altri campi, eppure gestire quei boati del pubblico amico era stata una tensione in più, e sul campo i giocatori del Cesena si guardano e si chiedono: “Cosa succede? Vince il Padova? Ma è vero?”.

Nel frattempo c’è una partita da giocare e nello spogliatoio dopo il primo tempo c’è una sfilata di facce da sala d’attesa del dentista. C’è tensione in particolare tra gli attaccanti, quelli che dovrebbero sbloccare la partita: Giaccherini è tiratissimo, Do Prado è appena stato sostituito per un acciacchino da Greco e tra tutti e due hanno una faccia da constatazione amichevole dopo un tamponamento. Poi c’è pure Malonga che... vabbè Malonga non fa testo, ha sempre la stessa faccia, con quegli occhi da leprotto mentre i fanali dell’auto si avvicinano.

Il 37enne Gigi Piangerelli è seduto su una panca dello spogliatoio, vede facce da funerale mentre fuori ci sono cori di festa e capisce che tocca a lui. Si alza in piedi e inizia a parlare.

“Oh ragazzi, ma cosa sono quelle facce? Niente paura. È tutto il campionato che siamo lassù, non siamo mica arrivati fino a qui per caso. Noi ci meritiamo la Serie A, abbiamo faticato per mesi tutti insieme, ci siamo fatti un mazzo così, porca miseria. Noi ci meritiamo la Serie A, quindi adesso usciamo e andiamo a prendercela senza paura”.

Mani sulle ginocchia, si alzano tutti in piedi, qualcuno batte le mani, c’è chi esce di corsa, qualcun altro sorride per ringraziare Piangerelli, un caricabatterie umano che in un minuto ne ha riattivati una decina.

Si riparte, Giaccherini spinge come un treno, segna subito Parolo, il Cesena vince 1-0 e al fischio finale ci sono Piangerelli e Bucchi che si dividono un auricolare a testa mentre quasi tutto il gruppo è attorno a loro in attesa del finale di Brescia-Padova. Quasi tutti, perché Giaccherini è steso faccia a terra per conto suo, Colucci e Greco sono spiaggiati a metà campo abbracciati, mentre Segarelli si porta avanti col lavoro, seduto a innaffiare il campo di lacrime. Poi ad un certo punto Piangerelli e Bucchi alzano il braccio e aprono la festa, corrono tutti verso il settore ospiti tranne Pierpaolo Bisoli che parla subito in diretta a Sky e in quei due minuti è pure razionale da fare paura. Magari esplode per un niente, ma in mezzo a emozioni che ti spaccano in due, ha sempre fatto così: non ha pianto nemmeno al funerale dei suoi genitori, facendosi forza per tenere tutto dentro. Poi finisce l’intervista di Sky, alza lo sguardo e vede sua moglie Rita correre verso di lui insieme a Fiorenzo Treossi, mentre sullo sfondo sente i cori di tutta Cesena che gli dice grazie. Un po’ troppo, in effetti. Così è andata a finire che Pierpaolo Bisoli ha seguito fino in fondo il consiglio di Piangerelli: prima si è preso senza paura la Serie A che si meritava, poi si è messo finalmente a piangere e lo faceva così bene che non la finiva più.

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