Ricorderemo Bari-Cesena come la gara presbite, quella in cui il Cesena chiuse con tre punte, ma in campo non se ne vedeva neanche una. È l’effetto più evidente di un giro dei cambi che non riesce ad essere migliorativo. Mignani sulle sostituzioni non ha fatto una gran figura, poi è anche giusto confrontare il materiale a disposizione. Il Bari l’ha vinta mettendo in corsa Gytkjaer, decisivo qualche anno fa per il salto in A del Monza, il Cesena dalla panchina ha fatto dei lanci di dadi, soprattutto in attacco.
Il gioco dei cambi che non ha funzionato è istruttivo sul fosso attuale tra titolari e riserve. Diao deve dimostrare tutto e resta alla prima pagina del manuale, Olivieri per ora non ha dato nulla. Il discorso può allargarsi a Bastoni, Adamo, Celia e compagnia: se lo scalino tra titolari e riserve è davvero questo, allora ci sono giocatori insostituibili a prescindere. In questo momento storico, Sphendi è indispensabile: si mangia dei gol davanti al portiere, ma è un attaccante che tira in porta, un fondamentale che gli altri non riescono a mostrare. In mezzo, Berti e Castagnetti sono la diversità del Cesena: sono il più bravo e il più esperto a giocare a calcio e le prime 11 giornate hanno detto che servono sempre.
Il tutto in un campionato che si conferma equilibrato e bellissimo, dove il risultato vive di sfumature. Senza le parate di Klinsmann, da Spezia e Sudtirol potevano arrivare due pareggi anziché due vittorie e questa volta le sfumature giuste le ha indovinate l’avversario. Il Cesena ha giocato meglio, però il Bari segna un gol regolare e quindi non ruba nulla. Il confronto tra risultatisti e giochisti ha una lunga storia e Cesena appartiene da sempre al partito conservatore, orgoglioso feudo di risultatisti. Uno dei rivali per eccellenza era Giovanni Galeone, che proprio ieri ci ha lasciato. Negli anni 90, Galeone e Bruno Bolchi non si sopportavano, mentre tra Galeone e Marco Tardelli si era al limite del fastidio fisico. Di Tardelli a Cesena si ricorda che non convinse come allenatore e tutti ricordano che arrivò con la fama di storico “tombeur de femmes”, con un’agenda ricca di conquiste eccellenti e la coccarda della citazione con valutazione massima nell’autobiografia di Moana Pozzi.
Alla vigilia di un Perugia-Cesena del 1996, Galeone incendiò la settimana contro Tardelli, con dichiarazioni dove la frase più gentile era: “È un raccomandato”. Quello del 1995-’96 era un ottimo Cesena (Dolcetti, Binotto, Bizzarri, Hubner) che sfidava il Perugia super qualitativo di Giunti, Allegri, Negri e pure Camplone in difesa. Quella partita terminò 2-2 con pareggio di Hubner all’88’: la tribuna di Perugia era carichissima contro Tardelli e in mezzo ai carichissimi c’erano pure gli inviati della radio che all’epoca trasmetteva le gare del Cesena. Non facilissimo lavorare lì in mezzo per il radiocronista e per l’opinionista Dionigio Dionigi che era al suo fianco. Per esempio, su un fallo laterale invertito, Tardelli protestò con l’arbitro e la tribuna si alzò in piedi compatta urlandogli di tutto. Il tifoso seduto al fianco di Dionigi, paonazzo e con una vena sul collo grossa come un oleodotto, trascese nei toni, urlando un cafonissimo “finocchio” all’allenatore del Cesena. Dionigi lo guardò, alzò l’indice come fa chi chiede di essere interrogato e gli disse: “Guardi, questo però tenderei ad escluderlo. Ci sono ampie prove documentali”. Il tifoso con l’oleodotto in gola tornò a sedersi e fece l’unica cosa possibile: si mise a ridere e gli diede la mano.