«Alla squadra l’ho detto, quando parte una pallina di neve, noi facciamo arrivare a valle una valanga e invece noi la pallina la possiamo intercettare, una palla più grossa la possiamo accettare, ma la valanga no, dobbiamo arrestarla prima e adesso, per tanti motivi, non ci stiamo riuscendo».
L’immagine usata da coach Antimo Martino descrive perfettamente il momento della sua Unieuro. Spiega sia le sconfitte subite sinora dalla sua squadra, sia il valore che assume il match casalingo di questa sera con Cividale. Tra due squadre abituate ad affrontarsi per obiettivi elevatissimi e invece appaiate al penultimo posto della classifica, solo una vittoria per l’una o per l’altra, può permettere di arrestare momentaneamente la valanga. Chi perderà, vedrà invece il cumulo di neve aumentare di spessore e, la sua ricaduta, di potenza. È la logica di uno sport che non prevede il pareggio. L’unica medicina, per entrambe, è solo la vittoria.
«Sì, vincere sarebbe una medicina e ne abbiamo bisogno tantissimo - ammette il timoniere dei romagnoli -. A Cento sono stato molto dispiaciuto, perché dopo Rieti ci eravamo guardati in faccia, avevamo parlato e la squadra aveva avuto una bella reazione e, in primis per noi stessi, sarebbe stato importante tornare anche alla vittoria. È chiaro che adesso tutti se la aspettano ed è giusto sia così, ma proprio la squadra ne avrebbe bisogno perché è in difficoltà e il mio lavoro è supportarla, aiutarla, incitarla. Quando tieni a qualcosa, nello sport, in famiglia, in un rapporto d’amicizia, è proprio nelle difficoltà che devi farti sentire di più e questo è il momento in cui è necessario aiutarsi».
Già, ma quali sono le difficoltà che l’Unieuro, in modo evidente sta palesando attualmente? Martino le analizza in modo dettagliato partendo peda una convinzione a monte.
«Il vero problema è che dopo un errore andiamo giù di fiducia e poi arriva il secondo e poi un’altra palla persa, un fallo evitabile, un rimbalzo non preso e vanifichiamo quanto fatto di buono: il nostro black-out è principalmente mentale e il processo sta nell’evitare questo, nel far sì che un paio di sbagli non ne inneschi uno ulteriore, ma impongano di mettere più attenzione su altro. Non è facile ma bisogna farlo».
Tecnicamente sul gioco troppo spesso macchinoso e figlio di isolamenti e attacchi uno contro uno, l’equilibrio va trovato «in un processo bilaterale nel quale ogni tanto i giocatori devono rinunciare a qualcosa per favorire un gioco più corale e dall’altra parte l’organizzazione di squadra non deve limitare le caratteristiche dei singoli, perché se io ad esempio ho Allen, mi strapperebbero la tessera da allenatore se gli chiedessi di non essere il giocatore che è sempre stato e di non esprimere la sua forza. Una cosa sia chiara. Il nostro obiettivo era e resta i play-off, o diretti come auspichiamo, o attraverso i play-in: ora siamo in difficoltà ma non siamo neppure quelli visti sinora».