Quando Forlì impazziva per Bonamico: da rivale a idolo del Palafiera

Ha sempre sostenuto, con quel sorriso sardonico e compiaciuto che gli illuminava il volto, di non avere certo colpito volontariamente Stefano Servadio dell’Alno Fabriano durante la sfida d’andata dei play-off 1990 al Palafiera, ma al contempo ha sempre ammesso che l’uscita con ferita alla tempia e alla spalla del cecchino marchigiano, sino a quel momento immarcabile, fu probabilmente la prima svolta di una stagione che riportò Forlì in A1. La prima, perché la seconda fu ancora una volta a sua firma: stoppata clamorosa in recupero su Ron Rowan di Pistoia lanciato in contropiede dopo una mischia furibonda. L’inerzia della partita cambia, la Jolly Colombani vince ancora e lui, Marco Bonamico, diventerà per sempre l’emblema di quell’impresa, di quella Forlì, di quella pallacanestro che ormai se ne è andata, ma che resta sempre una luce abbagliante negli occhi di chi l’ha vissuta.
Luce che non può spegnersi, come non si spegnerà quella di chi, per il talento, ma ancor più per la grinta e la tenacia sempre profuse sul parquet, era e resterà il “Marine” del basket italiano e forlivese.
Marco Bonamico non c’è più, si è spento a 68 anni all’ospedale Bellaria di Bologna dove da tempo era ricoverato, ma quel sorriso l’ha accompagnato sino alle ultime volte in cui ha parlato di pallacanestro e della sua straordinaria esperienza forlivese, o è tornato in città per abbracciare tifosi, amici ed ex compagni di squadra. Quelli con cui condivise le 3 stagioni, dal 1989 al 1992, che videro la Libertas salire in massima serie tantissimo grazie a lui, e, poi, restarvi due anni con gente del calibro di McAdoo, Fumagalli, Garrett, Mentasti, Corzine, Ceccarelli e John Fox. Proprio per fare una sorpresa a quest’ultimo, tornato in città nel gennaio 2024, il “Marine” si presentò al pranzo organizzato dal Basket Club Marini al ristorante “La Monda” (ossia... da Alfio) e il loro duetto tra aneddoti e storie di amicizia vera, regalò ancora una volta spettacolo.
E dire che lui, Bonamico, più che show era sostanza. Tantissima, e da avversario fischiato quando vestiva la maglia della Virtus Bologna, diventò “Bonamico segna per noi”, scandito a decibel da muro del suono da 5mila persone ogni domenica. Tutto questo lui lo ha sempre portato dentro di sé, non sciogliendo mai il legame di cuore con una piazza che abbracciatolo 32enne, lo ha riportato ad altissimi livelli cestistici e, soprattutto, lo ha celebrato e amato con trasporto veri sino a inserirlo nel quintetto ideale “al time” della Lega Pallacanestro nel 2020 e a piangerlo, ieri, con commozione, ma anche con quel sorriso che accompagna il saluto a un amico vero che mai, in realtà, se ne andrà.
Per dire, poi, cosa sia stato Marco Bonamico per il basket italiano, servirebbero enciclopedie. Con lui in maglia azzurra l’Italia ha conquistato l’argento olimpico di Mosca 80 e il primo oro europeo di Nantes 1983. La Bologna bianconera centrò due scudetti tra cui quello della stella 1984 (356 gare e 3665 punti) e poi da commentatore Rai ecco l’altro argento olimpico di Atene 2004. Basta? No, perché il “Marine” ha guidato la Giba e da presidente anche la Legadue, ma soprattutto è stato una leggenda vera per tutti quanti.
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