In casa Dole tiene banco il “caso” Robinson

Il caso Gerald Robinson tiene sulle spine un po’ tutti: la squadra, che deve fare a meno del proprio play titolare perdendo alcune delle principali caratteristiche su cui è stata costruita. La società, che per il secondo anno di fila deve fare i conti con i tanti infortuni (nella passata stagione l’americano ha saltato quasi dieci match) di un giocatore al quale è stato fatto un biennale abbastanza condizionante, visto che non è un mistero che fossero balenate anche correnti di pensiero tendenti al cambiamento.

E i tifosi biancorossi, che, per una non ben precisata tattica societaria del “dico ma non dico”, non sanno quante partite dovrà saltare ancora il regista americano.

Fatto sta che a oggi, la certezza è che Robinson domenica contro Torino resterà a sedere e poi si vedrà (in fortissimo dubbio anche per il successivo turno infrasettimanale a Brindisi), mentre la notizia positiva è che Leardini, assente da tre settimane, ha recuperato e ricominciato ad allenarsi in gruppo. Di conseguenza, darà man forte agli altri lunghi già dalla sfida coi piemontesi, particolarmente importante dopo il quarto ko stagionale (su nove partite) materializzatosi nel “punto a punto” di Livorno, terza partita che la Dole perde in un finale tirato, dopo quelle con Rieti e Bergamo.

La sensazione è che Bolognesi e Turci si stiano guardando attorno, alla voce play-guardia Usa, per tutelarsi nel caso “GR” dovesse star fuori più di un mese a causa di un altro risentimento muscolare all’inguine, perché ricordiamo che l’anno scorso, nella fase decisiva della regular season si rimase cortissimi e si tardò a tesserare un “gettone di rinforzo”, al secolo Luca Conti, perdendo quelle tre-quattro partite che di fatto costarono il primo posto a discapito di Udine.

Tra l’altro Robinson stava pure giocando bene (11.8 punti e 4.1 assist di media) e la sua assenza in Toscana ha finito per penalizzare più di tutti Gora Camara, col quale il play Usa aveva duettato splendidamente nella sfida vinta con Roseto (21 per Gora, fermo a 2 in terra labronica).

Un capitolo a parte merita poi l’altro “stranger” biancorosso, Mark Ogden: le cifre, peraltro, depongono a suo favore (12.4 punti e 5 rimbalzi di media, con il 60% da due e il 52% da tre), ma la tendenza è quella di nascondersi un po’ quando la palla inizia a scottare.

La domanda risuona: è Ogden che si prende un solo tiro nel secondo tempo di Livorno o è la squadra che non lo serve? Del resto, se si è scelto di cambiare spartito, sostituendo i post bassi di Justin Johnson (peraltro a sua volta rotto e out fino a data da destinarsi, tanto che Verona l’ha già sostituito con l’americano di passaporto lettone Andrew Smith) con le aperture del campo dell’ex Brindisi e Fortitudo perché non “andare” anche da lui quando conta davvero? E’ comunque vero che Marini, Denegri e Tomassini rappresentano il meglio, a livello di esterni italiani, di tutta la A2. Ecco perché, forse, si può anche fronteggiare meglio la questione Gerald Robinson. Ma fino a un certo punto...

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