Unieuro e OraSì, è già derby... per il quinto posto

Basket

FORLI'. Con il ritorno di Melvin Johnson anche l’Unieuro ha di fatto chiuso il proprio mercato estivo così come, in anticipo su quasi tutta la concorrenza di serie A2, aveva da tempo fatto l’OraSì Ravenna. Adesso che i roster delle 16 squadre del girone Est sono quasi tutti al completo, si può abbozzare una prima analisi delle rose allestite da biancorossi e giallorossi e un loro valore comparativo rispetto a quelle delle avversarie.

Dietro al quartetto d’archi

Partiamo proprio da quest’ultimo aspetto. Con una promozione diretta per girone e i play-off allargati di conseguenza sino al 9° posto, la tanto temuta diaspora verso la serie A degli italiani non c’è stata. Semmai si è assistito al percorso inverso. Anche di molti stranieri. Si annuncia, quindi, un’A2 di maggiore livello, con 4 teoriche superpotenze che lotteranno per salire direttamente. In rigoroso ordine alfabetico: Bologna, Treviso, Udine e Verona. Immediatamente dietro, però, possono competere proprio Forlì, Ravenna, Montegranaro e la sorpresa estiva Cento con possibili inserimenti di Mantova e Jesi. Si lotta, quindi, per il 5° posto? Forse, ma sopra c’è ogni anno chi delude. E poi arrivare quinti, vuole comunque dire avere il primo turno play-off in casa e questo obiettivo possono provare a porselo sia Unieuro che OraSì.

La rinascita forlivese

Per Forlì si tratta di un cambio di prospettiva epocale, perché dopo la scomparsa della Libertas nel 1999, solo una volta è stata raggiunta la post season di A2. Nel 2012-2013. Questo traguardo, invece, è l’obiettivo minimo per la squadra di Giorgio Valli che ha beneficiato del surplus di budget (si dice tra il 20 e il 25 per cento) per una campagna acquisti mai così ricca, anche di “nomi”. Ne è derivato un quintetto base (Giachetti-Johnson-Marini-Donzelli-Lawson) di primissima fascia che se esprimerà appieno il proprio potenziale, farà decollare entusiasmi e classifica. Ovviamente la “perla” è Kenny Lawson. Basta il suo curriculum. In A2 tra Recanati e Virtus Bologna ha fatto il bello e il cattivo tempo e la sua crescente dimensione perimetrale, dà un’arma in più che lo scorso anno con Diliegro non c’era.

Oltre al proprio pivot-faro, però, c’è un terzetto “azzurro” in rampa di lancio che promette molto: Marini-Donzelli-Oxilia garantisce davvero rispetto al precedente (Severini-Castelli-Fallucca) una doppia dimensione di tiro e attacco frontale al canestro. Questo fa sì che la nuova Unieuro possa, anzi debba, giocare più in velocità. Grazie anche a Giachetti che in questo è più adatto rispetto al pur bellissimo Naimy.

Dubbi biancorossi

Qualche dubbio, però, è il caso di porlo sin d’ora. Su tutti i molti giocatori reduci da un’annata travagliata sotto il profilo fisico. Da Bonacini a De Laurentiis, da Donzelli a Johnson, in caso di malanni la rotazione non appare abbastanza lunga da dare garanzie. Soprattutto vicino a canestro dove prima c’erano Diliegro, De Laurentiis, Castelli (quasi più un “5”) e Thiam. Ora con Donzelli più perimetrale e con Dilas che viene dalla C Silver, qualche perplessità in caso di assenze nel reparto c’è. Lawson non può fare il boia e l’impiccato.

Infine altre due domande: Johnson ha talento, ma rispetto a Jackson non dà sulla carta quell’aiuto in regia che stando alle dichiarazioni di Renato Pasquali si cercava dalla guardia straniera. Sì, perché Giachetti è un signor play, ma a 35 anni dopo la stagione di alti e bassi di Ravenna saprà ritrovare continuità ad alto livello?

Rinnovamento OraSì

Dopo la delusione del nono posto era lampante che Ravenna avrebbe profondamente rinnovato e così è stato. Un rinnovamento che non fa rima, però, con ridimensionamento e questo è l’aspetto che maggiormente rincuora i tifosi. Lo si è capito subito quando la scelta sul direttore generale è caduta su Julio Trovato, il quale si è fatto trovare prontissimo a chiudere la falla creatasi con l’addio di Antimo Martino. Il prescelto è stato Andrea Mazzon e proprio sulle qualità, ma diciamo anche sulle motivazioni di un tecnico che prima del ritorno primaverile a Capo d’Orlando mancava dall’Italia dal 2013, si poggiano molte, fondate, speranze di un campionato in tranquilla zona play-off. Già, perché anche la squadra è stata ritoccata senza follie finanziarie e se diamo un’occhiata alla teorica panchina giallorossa vediamo Montano, Cardillo e Gandini. Tanto, davvero tanto materiale di alto profilo. In quintetto, poi, con Laganà il basket italiano ritrova un play che prima dei tanti infortuni patiti, era destinato a una carriera brillante. Dopo essersi rilanciato a Bergamo può confermarsi all’OraSì e la sua altezza e versatilità ne fanno, con l’agonismo di Cardillo, una delle pietre angolari anche del sistema difensivo ravennate. Per l’attacco, poi, ci penserà Adam Smith e questa è una garanzia.

Incognita millennial

Sì, Adam Smith segna sempre e ovunque, ma a ben guardare l’attacco si poggia davvero tanto su di lui. Troppo? Lo dirà il campo che è chiamato anche a dare un altro verdetto importante: la scommessa sull’estone Mikk Jurkatamm è un azzardo? Ravenna è la prima squadra che lancia un 2000 in quintetto e merita applausi per questo coraggio. Certo, c’è Cardillo a coprire le spalle, ma il ragazzo prelevato dalla Virtus Bologna è pronto al grande salto? Di lui si dice che abbia una faccia di bronzo, giochi come un veterano e non abbia alcuna paura a tirare. Le giovanili, però, sono un’altra cosa, servirà tanta pazienza da parte di tutto il club per vincere la scommessa.

Altri dubbi? Sì. Il primo è la verticalità che Ravenna con Smith e Grant ha sempre avuto. Adesso c’è Hairston che è possente, ha movimenti e tiro anche frontale, ma non è un saltatore. E non essendolo neppure Masciadri... Forse per questo c’è Gandini che dalla panchina è un lusso con la sua fisicità e le sue doti da rimbalzista. Il secondo dubbio riguarda la cabina di regia: Montano l’anno scorso da “combo” ha deluso e dal mercato non è arrivata una vera alternativa a Laganà perché l’ex lughese Rubbini è solo un “progetto di play”. E allora anche a questo penserà nel caso Smith che però non può fare troppe cose.

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