La Dole è simbolo di continuità, l’Unieuro è dentro un vortice pericoloso: ecco come si chiude il 2025 delle romagnole di A2

Basket

Non lo dimenticheremo facilmente, perché tanto ha fatto parlare di sé, nel bene e nel male, tanto ha dato e tanto ha anche tolto. Il basket romagnolo saluta un 2025 che per le sue due portabandiera, Rinascita Basket Rimini e Pallacanestro 2.015 Forlì, è stato un frullatore di emozioni e situazioni diverse, contrastanti e a volte contraddittorie.

A fare da trait d’union tra la fine del 2024 e quella di quest’anno, c’è un solo aspetto: il primo posto in classifica di Rimini. Solitario, con 30 punti, lo scorso 31 dicembre, in coabitazione a quota 26, adesso. Continuità al vertice, dunque, pur in un torneo, come quello giunto a metà del suo cammino, talmente livellato da non avere eguali nella storia recente. Dal 2000, infatti, mai si era verificato che quattro formazioni (nell’ordine Verona, Brindisi, Rimini e Pesaro), virassero la boa con gli stessi punti in classifica. Solo nel 2012-2013 una situazione simile, con 3 squadre a parimerito: Barcellona Pozzo di Gotto, Pistoia e Casale Monferrato.

Il vanto della Dole

Essere ancora nell’élite, per la Dole è un vanto, tanto più considerando uno dei lati meno piacevoli del suo 2025: gli infortuni. Da quello di Camara in estate con la Nazionale, a quelli di Robinson e Ogden, insomma coach Dell’Agnello non ha mai avuto una squadra al completo. Eppure è in testa grazie a talento, solidità e compattezza del gruppo. D’acchito si potrebbe pensare che allora, quando tutte le caselle torneranno al proprio posto, Rbr potrà spiccare il volo e forse sarà così, ma alt un attimo.

Prima di tutto cosa potrà dare il neo arrivato Ivan Alipiev? Sicuramente affidabilità, capacità di giocare dentro un sistema, serate di vena offensiva (specialmente quando entra il tiro da tre), ma di certo meno impatto atletico e a rimbalzo rispetto a Ogden. Il bulgaro ha contratto sino a fine campionato, tra due mesi la società dovrà fare una scelta proiettata ai play-off mettendo sui piatti della bilancia anche Gerald Robinson. Già, perché gennaio è domani, ma il ritorno in campo del play di Nashville non pare imminente.

Quando rientrerà e come dentro un blocco così compatto come quello della Rimini di oggi? Domande che aleggiano su un 2026 che nasce su basi solidissime, tecniche, d’ambiente e anche societarie (il 2025 ha “regalato” uno sponsor da massima serie come la Dole), ma che riavvolgendo il nastro porta con sé il peso della speranza di successo che il 2025 ha strozzato in gola. Rimini ha giocato una semifinale di Coppa Italia, una finale di campionato e una di Supercoppa e le ha perse. Terreno fertile, ottima semina, ma adesso si attende il raccolto.

Lo stato diverso di Forlì

Quello che per Forlì ora parla di frutti diversi, ma non meno determinanti per sfamare una piazza che al “tavolo buono” ha voglia e diritto di restarci. Il 2025 dell’Unieuro è stato, davvero, un anno con pochissime luci e moltissime ombre che gravano sul futuro. Iniziato con il parabrezza dell’auto di Harper sfondato e col balletto dei tre stranieri per due posti, una primavera tra acuti e cadute fragorose ha portato una semifinale play-off alla quale pochi credevano. Proprio nel mezzo dell’attesissimo e sentitissimo derby con Rimini, però, è arrivato l’episodio che ha cambiato tutto e che pesa tutt’oggi.

L’inaccettabile attacco di una parte degli Ultras alla tifoseria Rbr prima di garadue, ha causato non solo le due inguardabili gare a porte chiuse della serie a Forlì, ma anche una frattura col pubblico ancora non sanata. L’assenza della curva al Pala Galassi si sente eccome, e pesa anche sui risultati, ma soprattutto si è generato un intristimento collettivo e un inasprimento dei rapporti con la piazza che, da un mercato estivo guardato con scetticismo per la sua impostazione “poche risorse, ergo all in sui senatori”, ai pessimi risultati di questa stagione (10 punti in meno del 31 dicembre scorso e 17° posto), getta un’ombra pesante sul domani.

E i nodi sono due, intrecciati tra loro: squadra e società. La stagione in corso era inevitabilmente quella che chiudeva un ciclo. Quello di Martino in panchina, del “giemme” Pasquali, di Nicosanti alla presidenza, probabilmente di Unieuro come primo sponsor. Era, dunque, un anno-ponte, ma un ponte lunghissimo che per percorrerlo servono 10 mesi nei quali può succedere, e sta succedendo, di tutto. Un ponte verso una riva nella quale non si sapeva cosa trovare e non lo si sa tuttora, perché il porto d’attracco è ancora completamente da edificare. Ed è questo che preoccupa o persino spaventa. Perché se non lo si puntella già adesso, il ponte può crollare e la squadra cadere e, se non le si dà salvagenti, annegare. Perché o si inizia a costruire sin d’ora sull’altra riva, o a giugno, terminata una perigliosa traversata, il basket forlivese rischia di trovarsi davanti il nulla. Roma non è stata costruita in un giorno.

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