Forlì, l'arbitro Edoardo Ugolini promosso nella serie A di basket: "Ci ho creduto e ce l'ho fatta"

Basket

«Noi, i giocatori e gli allenatori, scendiamo sugli stessi campi, pratichiamo lo stesso sport, giochiamo la stessa partita e, soprattutto, abbiamo la stessa passione per la pallacanestro: ci differenzia solo il ruolo che ricopriamo e il mio è quello di arbitro». Bastano queste poche parole, efficacissime nella loro semplicità, del 33enne forlivese Edoardo Ugolini per dimostrare come ciò che gli occhi di chi è a bordo campo vedono diviso e a volte contrapposto, non sia in realtà vissuto come tale da chi vi è, invece, protagonista all’interno. Campi, da basket in questo caso, che per il “fischietto” di Forlì da settembre saranno più capienti e più prestigiosi. Il Comitato italiano arbitri ha diramato la lista dei direttori di gara promossi e tra i 7 che in tutta Italia salgono di categoria, passando dalla serie B alla serie A2 maschile e A1 femminile, c’è anche il suo nome. Una gratificazione immensa, frutto degli alti voti attribuitigli dai commissari arbitrali dopo ogni partita della scorsa stagione, ma anche un premio alla dedizione all’impegno che Ugolini ha sempre profuso sin da quando, giovane giocatore lui stesso, decise di vivere la pallacanestro anche da un’altra prospettiva. «Davvero è una grande gioia, un risultato ottenuto tra l’altro nell’ultimo anno in cui potevo salire di categoria per ragioni anagrafiche e il treno rischiava di passarmi definitivamente davanti – afferma -. Io, però, mi son sempre detto che fin quando avessi avuto anche solo una possibilità su un milione, avrei dovuto crederci e lavorare per coglierla. Così è stato, ma ora dovrò ripartire praticamente da zero, perché dirigerò assieme a due colleghi e non più a uno solo e salgono il livello di gioco, la personalità degli atleti e, speriamo, il numero di tifosi sugli spalti. Insomma, dovrò resettare, studiare, imparare, e lavorare ancora di più». D’altronde Ugolini fa questo da quando aveva 16 anni e mise in bocca per la prima volta un fischietto. «Lo feci non perché amassi arbitrare, ma perché da giocatore che odiava perdere più di quanto amasse vincere e che era soprattutto un difensore, volevo capire come poter rompere le scatole al mio avversario in modo regolare – sorride -. Poi arbitrare significa avere la tessera per entrare gratis nei palasport e vivere assieme a giovani colleghi e istruttori è stato uno stimolo a continuare. Il Gruppo arbitri provinciale, con Davide Ramilli, Loris Gigli, Elena Mambelli e Gianni Donati, era una grande famiglia. Io poi, ho fatto anche il vice allenatore e quando a 21 anni, ho deciso solo di arbitrare, tutto il mio vissuto ce l’ho messo dentro». E i risultati si vedono. «Grazie, ma avevo poco talento da giocatore e forse poco ne ho da arbitro, basta che la gente mi riconosca competenza e impegno, l’unico modo per ottenere risultati». Quello che quest’anno l’ha portato a dirigere tre gare delle finali promozione di serie B, compresa gara cinque tra Chiusi ed Agrigento. Le sue gare più belle? «No, sono state tantissime quelle che mi hanno emozionato, ma sono stati basilari anche gli arbitraggi più complessi. Ricordo la mia prima finale di Coppa Italia di B tra Omegna e Cento: non mi sentivo all’altezza e non feci bene, ma capii che avrei potuto valere quel livello se solo avessi lavorato ancora di più». E Ugolini c’è arrivato. Anzi, ora è giunto anche più in alto.

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