Basket B, Andrea Costa ha peccato ancora di presunzione

Basket

La domenica più folle e amara della super stagione biancorossa si è chiusa con un’immagine emblematica. Appena il ferro ha sputato la tripla del sorpasso (ben indirizzata, ma corta) di Aukstikalnis, Emanuele Di Paolantonio ha stretto la mano al coach avversario e poi è andato sotto la curva dell’Onda d’Urto, assumendosi chiaramente (a parole e gesti) la responsabilità di un ko incredibile. Anche in un momento così critico l’allenatore ha voluto proteggere la squadra, confermandosi il vero leader emotivo del gruppo. Ma stavolta pure lui è andato in corto circuito di fronte alla rimonta mestrina, sbagliando qualcosa di troppo nelle rotazioni e non esigendo che venissero rispettate certe gerarchie offensive.

Colpe biancorosse

Mestre è un’ottima squadra costruita con obiettivi ben diversi da quella imolese, lunga nelle rotazioni, esperta e superiore per talento e fisico. Tra l’altro non vincendo in trasferta dall’1 ottobre, è arrivata al Ruggi in missione e lo conferma come è rimasta sul pezzo anche quando è sprofondata a -19. In altri momenti della stagione avrebbe mollato, ma si capiva dall’atteggiamento dei veneti sin dalla palla a due che a Imola non sarebbe successo. E proprio qui, dove finiscono i meriti di Mestre, inizia la grande colpa dell’Andrea Costa: pensare di aver già vinto al 30’. Curioso che capiti a un gruppo che fa dell’umiltà il proprio punto di forza e che sa bene di essere stato costruito con l’ultimo budget del girone, ma non è nemmeno la prima volta. Il -29 a Bisceglie, il ko nel derby e poi la rimonta clamorosa subita a Padova: tre situazioni, quattro con domenica, nelle quali Imola ha peccato di presunzione. Vero, come ha sottolineato Di Paolantonio in conferenza, che nel basket contemporaneo i “parzialoni” sono all’ordine del giorno, ma stavolta l’Andrea Costa ci ha messo troppo del suo. Un dato in tal senso va sottolineato: al 30’ la Gemini aveva tirato con 4/26 da tre. Logico pensare che Mestre non potesse continuare così, a maggior ragione spinto dalla forza della disperazione e allora il 7/12 dell’ultimo quarto va preso come una conseguenza quasi inevitabile della statistica, componente fondamentale del gioco della pallacanestro. E invece Corcelli e compagni non hanno fiutato il pericolo, si sono cullati su quel +19 costruito con un 6/8 da tre del 3° parziale e hanno smesso di giocare, davanti e dietro: 33 punti subiti, 4 rimbalzi offensivi concessi, 5 perse e 1/7 da due, 2/5 da tre e 4/10 (!) ai liberi.

Pronta reazione?

L’Andrea Costa è attesa da una settimana lunga e complicata, destinata a sfociare nel derby di Ravenna contro un’OraSì stramotivata. L’impressione è che dalla risposta, in primis mentale, al suicidio messo in atto con Mestre passerà gran parte del finale di stagione biancorosso.

Quando Stanic intercetta un passaggio alto-basso di Poggi e vola dall’altra parte a beffare lo stesso lungo sul pick and roll per piazzare la ferale tripla del 62-70, mancano appena 70” alla fine di Faenza-Fabriano e sul PalaCattani scende il gelo, tanto che qualcuno, sugli spalti, infila il cappotto e poi il cancello di uscita.

Coach Lotesoriere però ci crede ancora, e non solo lui: il suo time-out innesca il minuto più pazzo della storia dei Raggisolaris. Dopo una tripla di Begarin, un appoggio facile di Giombini sembra sbattere la porta in faccia alle ultime speranze (65-72), rianimate da una penetrazione di Vico. “NiccolAir”, dall’altra parte, subodora il disastro, ferma a sua volta il tempo, ma i suoi ormai spargono feromoni della paura sul parquet, che infervorano i neroverdi: in rapida successione arrivano il “passi” dello stesso Giombini, la bomba del -2 di Begarin, una rimessa affrettata che costa un’altra persa di Fabriano, con Vico a sprecare l’appoggio del pari. Ma ancora Giombini non controlla il pallone, rimessa Faenza a 14”, ci riprova Vico, stoppato da Negri, palla fuori e altro fondocampo a -4”. Stavolta la palla va a Poletti, su cui Giombini commette fallo: 2/2 glaciale di “Mitch” e parità. C’è tempo per un’altra rimessa folle dell’ex Bandini, arraffata da Pastore che sulla sirena sfiora il “gol” dell’apoteosi. L’opera verrà completata comunque nel supplementare, sull’onda emotiva della rimonta, che, data la compartecipazione di un’avversaria entrata in confusione mentale, non cancella gli affanni dei restanti 39’ ma rende merito alla fede incrollabile dei Blacks, alla capacità di restare aggrappati alla partita nonostante amnesie difensive e sprechi in attacco, sofferenze a rimbalzo (35-47, con 17 offensivi concessi e 18 punti ospiti da seconde opportunità) e mira discontinua (il glaciale 1/17 dall’arco al 36’, scongelato dall’infornata finale di 5/7).

«Un finale da “march madness” - esulta Poletti - ovvero il basket dei college Usa. Loro hanno calato la concentrazione e noi siamo stati bravi a sfruttare la chance, in un minuto in cui ci è andato tutto dritto. Partita combattuta, loro hanno giocato alla grande, avrebbero meritato di vincerla al 39’, noi in difesa avevamo scelto di accettare i cambi, e non abbiamo pagato mismatch in uno contro uno, però abbiamo talvolta ecceduto negli aiuti, ci siamo esposti ai loro rimbalzi offensivi e la loro aggressività ci ha fatto perdere il ritmo. E quando si è in una situazione di classifica difficile, ogni errore diventa più pesante. Però siamo rimasti lì e ci siamo fatti trovare pronti; quindi, ci prendiamo questa vittoria e andiamo a Ozzano con fiducia. La lana si pesa alla fine’.

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