C’era il 30 maggio e l’1 giugno scorsi quando, nel gelo di un PalaGalassi deserto, andarono in scena i due derby più importanti degli ultimi 30 anni. Ci sarà anche domenica e con il ruolo di capitano di una Pallacanestro 2.015 che cerca dal derby con la Dole uno scatto d’orgoglio e di classifica. Poi se sarà anche inversione di tendenza lo dirà il “senso del poi”.
Riccardo Tavernelli sa quanto la sfida con i “cugini di Romagna” conti, in senso assoluto e nella particolare situazione in cui si trova l’Unieuro e il pensiero di quegli ultimi derby, almeno a lui dà forse una motivazione aggiuntiva.
«Quella resta una brutta pagina di pallacanestro, per noi, per tutto il territorio e per il nostro stesso sport. Vivere quella gara, a quel livello, davanti alle telecamere Rai, come se fossimo ripiombati ai tempi del Covid è stato molto pesante e resto convinto che, se avessimo avuto al fianco i nostri tifosi, alla bella ci saremmo arrivati. Adesso la situazione è diversa, anche se non come potrebbe e dovrebbe essere in condizioni normali e se da un lato siamo noi che dovremo affrontare il derby con la massima intensità per non deludere il nostro pubblico, dall’altro contiamo anche di ricevere dai tifosi una spinta importante».
Intensità ed energia sono due termini ricorrenti e chiave per Forlì che continua a faticare e difensivamente, a concedere troppo alle avversarie.
«Sì, concediamo troppo e la disamina del match ad Avellino sta proprio qui. Contro Rimini non possiamo permetterlo, perché Rbr ha talmente tanti giocatori di qualità e pericolosi in attacco, che sarebbe letale. Siamo noi i primi a renderci conto della classifica e del fatto che le cose non funzionano e vogliamo cambiare l’una e le altre: per fortuna questa è la prima settimana completa di lavoro con il nuovo assetto e mi auguro conduca a una gara dalla quale parta qualcosa di nuovo in un campionato, nel quale, come capitato a Brindisi e Pesaro l’anno scorso, puoi arrivare ai play-off o almeno a sfiorarli, anche dopo una falsa partenza».
Vero, ma Forlì ora è molto indietro. Qual è il focus sul quale siete sintonizzati? «Quello di giocare una gara alla volta senza essere pretenziosi o schizzinosi, perché adesso è il momento di mettersi l’elmetto, di provare a fare quanti più punti possibile in queste due gare di fine anno e poi di affrontare le prime gare di ritorno (Cremona e Mestre ndr.) consapevoli che al momento sono quelli gli scontri diretti».
L’auspicio di Tavernelli è che l’arrivo di Stephens possa colmare alcune lacune della squadra. «Sì, perché lui è atletico, dinamico, dà presenza fisica in area e profondità in attacco. La sua presenza è importante perché impensierisce le difese e ne sposta le attenzioni».
L’accortezza di poterlo anche innescare nel modo giusto, passa molto dalle mani del play ex Tortona, recuperato dopo avere saltato quattro partite per uno stiramento al polpaccio. «Ho avvertito il problema con Verona, ho provato a giocare comunque, ma poi ho capito che dovevo fermarmi e sono stato due settimane fermo del tutto. Non era un problema grave, ma in un campionato a ritmo così serrato, bastava a farti perdere così tante gare. Ad Avellino dovevo soprattutto accumulare minuti per riprendere ritmo e tornare a pieno servizio nel derby e ora posso dire di essere a posto, nella condizione giusta».