Basket A2 play-off, Adesso l’Unieuro crede nel ribaltone. Tavernelli: «Sappiamo come si fa»

«Siamo solo noi» cantano Vasco Rossi e l’Unieuro dalle 7 vite. Sì, perché “noi”, è la prima persona plurale che definisce un gruppo, una comunità, un popolo e la Pallacanestro 2.015 senza il suo popolo a darle forza, in un Pala Galassi deserto con all’interno 35 accreditati, si è dimostrata gruppo e ha trovato solo dentro se stessa la forza per vincere e tenere aperta, forse anche apertissima, la semifinale con Rimini. Se alla canzone di Vasco, così come ad ogni canzone, si possono dare molteplici significati, quello del bastarsi da soli, del non dovere per forza cercare consensi o appoggi altrove, dell’andare avanti nella vita con le proprie, sole gambe, accomuna quei giovani d’inizio anni 80 a ciò che ha voluto e saputo essere la squadra di Antimo Martino.

Forlì ha evitato lo sweep, ed è già tantissimo, e si è regalata la possibilità di credere in una nuova impresa. Lo ammette Riccardo Tavernelli: «Prima di tutto in queste poche ore che ci separano da garaquattro cerchiamo di capire come stiamo fisicamente e di recuperare quante più energie possibili, però sappiamo di avere già fatto l’impresa contro Cividale e non vedo perché non potremmo o dovremmo riuscire a ripeterla con Rimini - afferma il play dell’Unieuro - Sappiamo che RivieraBanca è una squadra di ben altro livello, ma noi siamo decisamente dentro questa serie: Rbr per batterci dovrà fare due grandi partite, anzi grandissime».

Passo indietro, ma Forlì dove ha saputo trovare le energie, prima di tutto mentali, per avere in un contesto raggelante, la forza di dare un’impronta al match sin dall’avvio? Così Tavernelli: «Abbiamo cercato di prepararci a vivere un match così delicato in un contesto unico, ma sapevamo che era un fattore incontrollabile sia per noi che per Rimini. Durante i 40 minuti il clima era veramente stranissimo, abbiamo provato a caricarci al massimo tra noi e obiettivamente siamo stati bravissimi a essere intensi sin dal primo minuto. Poi i nostri avversari hanno ricucito tutto in pochi minuti, ma quello non ci ha sorpreso o scombussolato».

Perché? «Perché da una squadra con così tanti attaccanti e che ha folate impetuose, sapevamo fosse possibile e la consapevolezza che potevamo subire questi break ci ha aiutato a gestire quei momenti, a ritrovare le energie per la spallata». E in quelle fasi Tavernelli è stato determinante: «Ho solo sfruttato le chance che si sono create per me. Per fortuna quei canestri, nel momento in cui sembrava che Rbr fosse in procinto di allungare, sono serviti a ricacciarla indietro».

L’ex capitano di Tortona elogia la forza del gruppo e l’organizzazione difensiva della sua Forlì: «Non si vince mai solo con le giocate dei singoli. Se Rimini le ha avute, determinanti, nelle prime due gare, è perché prima ha ricevuto tanto da tutti. Lo stesso vale per noi, che abbiamo giocato molto bene in casa loro, ma che forse abbiamo permesso che le individualità di Rbr prevalessero. Venerdì, di squadra, con una difesa a zona che nel quarto periodo ha rallentato e mandato un po’ in confusione Rimini, abbiamo creato le condizioni per la nostra fuga vincente».

Tutto ciò è da replicare ancora una volta nel silenzio. «Sì, ma in avvicinamento alla partita di venerdì abbiamo ricevuto molti messaggi d’incoraggiamento dai tifosi che ci hanno permesso di sentire la loro vicinanza e a fine gara, in tanti sono venuti a salutarci e a complimentarsi».

Resettare e ripartire. Questo l’obiettivo in casa Rinascita Basket Rimini dopo il passo falso di venerdì sera a Forlì. Neanche il tempo di metabolizzare il ko in gara 3 che c’è da disputare una gara 4 che concede a capitan Masciadri e compagni il secondo pass per la finale promozione in A1 contro Cantù in appena 48 ore. I biancorossi si sono ritrovati sul parquet ieri pomeriggio e questa sera saranno infatti già sul pullman per la nuova palla a due delle 20 nella tana dell’Unieuro. Ancora una volta in un’atmosfera quasi surreale, senza pubblico sugli spalti.

Maggiore attenzione

Coach Sandro Dell’Agnello avrà posto l’attenzione sulle note dolenti di questi tre derby. Due su tutte. La pessima uscita dai blocchi sia martedì che venerdì, quando si è chiuso il primo quarto nel primo caso a -12 e nel secondo a -11, e la sciagurata collezione di palle perse: se le 19 di gara 1 alla fine si sono rivelate innocue per il dominio a rimbalzo e la difesa feroce, in gara 3 si è saliti addirittura a quota 20 (9 nei primi 10 minuti di gioco) e le si è pagate carissime. Ritrovarsi ogni volta a rincorrere può diventare pesante e se è vero che è una serie di continui break e contro-break, non è detto che ogni volta si rimetta la testa avanti. Serve stare sul pezzo fin da subito e ridurre gli sprechi, per chiudere i giochi. E magari ritrovare la principale bocca da fuoco, Marini, più in confidenza anche in attacco visti l’8/25 dal campo delle ultime due sfide, quando si è però distinto per 7 e 9 rimbalzi, segno che la testa è quella giusta.

Pasta del capitano

A suonare la carica è il capitano, proprio Stefano Masciadri, che in gara 3 ha fatto più del suo nei 17 minuti sul parquet (due stopponi, due bombe, due liberi, due assist e 7 di plus/minus, l’unico positivo di tutta la squadra).

«Siamo stati molto sotto tono rispetto alle prime due sfide della serie, non siamo riusciti a pareggiare la loro intensità e di conseguenza non ci è venuto quasi niente: in attacco facevamo fatica, non riuscivamo a contenere il loro contropiede ed è scaturita una sfida un po’ strana per le nostre abitudini, dopo sette incontri a tutta intensità. Anche nelle due sconfitte di Brindisi non era mancata e l’attenzione era stata totale» riparte da venerdì, per proiettarsi a questa sera: «Avremo un atteggiamento completamente diverso, vogliamo portare a casa la gara e la serie e farci perdonare per questa mancanza di intensità da cui sono scaturite anche troppe palle perse e che è stata la chiave del ko. Prendiamo atto di quello che abbiamo sbagliato e non ripeteremo certi errori. Su tutti l’aver concesso troppi tiri aperti a Perkovic e alle guardie. Il giocare a porte chiuse? Si scende in campo sempre per dare il meglio, sapevamo che poteva essere una trappola, ma vale per tutti: è stato come rivivere i tempi del Covid, ma come non ti devono condizionare 5000 spettatori non ti deve condizionare anche la loro assenza».

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui