Basket A2, l’Unieuro deve risolvere il rebus più importante

Basket

Quattro posizioni in classifica perse in appena 40 minuti, un tonfo dal sesto al decimo posto figlio della peggiore prestazione fornita dall’Unieuro nel corso degli ultimi tre campionati. È questo il pesante bilancio del ko interno dei biancorossi patito per mano di Nardò, penultima in classifica e capace di sfoggiare sì una prestazione di altissimo livello al Pala Galassi, ma a parte le strepitose performance della coppia Smith-Mouaha (55 punti in due), ingigantita nel suo complesso dal grigiore che ha improvvisamente attanagliato un’Unieuro irriconoscibile.

Già, perché non bastano dieci giorni di sosta nel proprio momento migliore (sosta che ha avuto Nardò stessa) per dare una spiegazione a ciò che appare inspiegabile. L’Unieuro è stata assente dal campo dalla palla a due a quando era ormai già sconfitta e l’arrembaggio finale, condito per giunta da errori marchiani nei momenti in cui una fiammella di speranza poteva riaccendersi, non fa che accentuare lo sbalordimento per la mancanza totale di reazione quando c’era ancora partita. L’unico momento di vitalità, infatti, è stato a inizio ripresa con il rientro sul -8 (38-46), ma in quattro minuti e mezzo ecco arrivare il 5-18 che ha definitivamente chiuso i conti. Parziale che dice tutto sugli aspetti nei quali l’Unieuro è mancata: attacco arruffone, senza riferimenti, pieno di errori dettati da insicurezza e ansia; difesa inconsistente, mancanza di energia e reattività sulle palle vaganti.

Insomma, la Pallacanestro 2.015 è mancata in tutto e capire perché sia successo è il compito principale di coach Antimo Martino. Un buco nero mentale di cui va trovata, se possibile, l’origine senza però ritenere secondari gli aspetti tecnici della questione. Andando al sodo, infatti, non può bastare la prima prestazione totalmente deficitaria di Toni Perkovic per giustificare i limiti che l’Unieuro è tornata a evidenziare.

Il talento della squadra biancorossa è limitato e Russ Smith è stato la cartina di tornasole di quanto questa sia la carenza strutturale, il limite più evidente e pesante che non permette ancora alla stagione forlivese di decollare.

L’unico modo per risolvere la questione è il mercato. Quello degli italiani è estremamente complicato e anche se ci fossero opportunità, nessuno adesso metterebbe sul piatto giocatori di spiccata personalità e qualità tecnica assoluta. Chi li ha se li tiene e non li offre certo a Forlì. Su quel fronte, quindi, la società di viale Corridoni non troverà ciò di cui ha bisogno e una mera aggiunta numerica o cambio d’assetto (un play per un lungo, l’unica opzione), non sarebbe la svolta.

L’unica carta Forlì ce l’ha e piuò giocarsela sul mercato straniero. C’è un visto da poter utilizzare e un Harper che al di là della prova sufficiente in termini offensivi che ha fornito mercoledì, non ha ancora dato sfoggio di personalità nei momenti determinanti. E’ lui l’unico, tecnicamente sacrificabile, l’unico che dovrebbe essere veramente avvicendato perché di scarsa utilità tecnica.

Se Forlì lo farà, allora qualcosa potrà cambiare. Se non lo farà allora dovrà dire con chiarezza che i motivi alla base della decisione di trattenere Harper sono economici. In questo caso sì che, pur con amarezza, sarebbe comprensibile e accettabile. Altrimenti insistere non avrebbe alcun senso.

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