Basket A2: Carasso: "Ora il basket rIminese è dove deve stare"

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«Abbiamo riportato il basket riminese dove deve stare». Può essere la classica frase scontata nel day-after della promozione in A2. Perché una città che ha respirato serie A per 33 anni (con la sola serie B nel 1990), non può restare ai margini della pallacanestro che conta. Quindi nella frase di Paolo Carasso, amministratore delegato di Rbr e vera testa pensante di un progetto vincente, c’è tutta l’importanza di un trionfo annunciato quattro anni fa e formalmente arrivato domenica sera.

Ripartiamo: si può dire che la svolta è arrivata quando avete riveduto e corretto il progetto primordiale?

«Avevamo tre obiettivi, riportare la gente al Flaminio, chiara identità riminese nello staff e nella squadra, e dare la possibilità a ogni giovane “guerriero” riminese delle nostre società, di realizzare il suo sogno e diventare un eroe in prima squadra come recita il nostro slogan. Quando siamo partiti, la raccolta dei soci aveva un limite ben definito che sul campo si traduceva in vincere la serie C Gold. Il Covid ci ha frenato sul piano sportivo, ma ci ha dato il tempo necessario per aggregare tifosi, cercare nuovi sponsor e creare quel budget che ci consentisse di primeggiare anche in B. E ora che abbiamo vinto il campionato dico che gli obiettivi sono stati centrati. La gente al palasport? Beh, credo non ci siano dubbi. L’identità riminese? Gente come Bedetti, Rinaldi, Fabiani, lo stesso Mladenov che si è formato a Rimini, i tre under e poi Scarponi, il classico esempio del guerriero che diventa eroe».

Soprattutto dopo il brusco stop nei play-off dello scorso anno, con tutta la squadra contagiata, ha mai pensato: qui ci va di sfiga?

«No, per carattere prendo quello che viene, ma sono resiliente, ho aspettato 14 anni prima di tornare a Rimini, in questo periodo ho combattuto con Capicchioni in modo duro ma corretto da entrambe le parti, a lui riconosco il grande merito di aver ridotto quel debito di oltre un milione di euro e aver tenuto in vita il Basket Rimini. Il Covid? Una situazione valeva per tutti, l’altra è stata più sofferta, ma si doveva solo aspettare».

Quando ha capito che l’A2 era sempre più vicina e possibile?

«Vinciamo garatre a Faenza dopo due supplementari giocando peggio di loro, poi la chiudiamo alla quarta. Andiamo a Roseto e torniamo sul 2-0, perdiamo la terza, brutta botta. Prima di addormentarmi venerdì scorso ho pensato a mio babbo, gli ho chiesto di darmi un segno. Sarò pure fatalista, ma il sabato sono andato in spiaggia e ho trovato 20 euro, vado a pranzo e mi dicono che è tutto pagato. Ah ok, ho capito, ecco il segno, dovevamo fare un altro incasso... ma l’avremmo chiusa sicuramente».

Da Gianmaria a Paolo, il cerchio si è chiuso?

«Non prometto mai se so che non posso mantenere, quindi mi ero preso un impegno nei confronti di mio babbo, anche nei giorni prima che morisse ed era quello di riportare Rimini in A2. E l’ulteriore gratificazione è stato quando finita la partita domenica, Davide Turci e i ragazzi hanno dedicato la promozione a Gianmaria».

Parliamo delle scelta Ferrari?

«Fondamentale, difficile, c’erano varie opportunità sul piatto. Turci come sempre ha fatto la prima, grande scrematura, io a quel punto dovevo indicare quello che più mi piaceva. Mi ha convinto quando ci ha dato la sua disponibilità ad allenare gli Under 19, ha capito esattamente come è strutturata la nostra realtà. Nel colloquio decisivo ci ha detto che per vincere il campionato serviva un budget importante per la squadra, gli ho chiesto di indicarmelo. Quella cifra l’avevamo, e non è stato il più importante della B».

Avete avuto confronti anche accesi?

«Se voglio, so essere pungente e tagliente, ho visto alcune cose che non andavano bene, mi sono posto in maniera rigida nei suoi confronti, lui ha sempre capito, ha rispettato i ruoli e le cose sono andate molto meglio credo anche per lui. Ma non avevo dubbi, è una persona intelligente, di grande cultura».

Bene, chi saranno i due americani?

«Non è un po’ presto? Cioè, nella mia idea ci sono due saltatori, atletici (due che fanno divertire insomma, ndr), uno esterno e l’altro vicino a canestro, ma ripeto è una mia idea (quindi saranno così, ndr). In realtà abbiamo rimandato al fine settimana i primi colloqui con Davide e Mattia. Poi faremo ogni tipo di scelta sui giocatori, alcuni hanno fatto un campionato strepitoso, siamo riconoscenti con chi ci ha portato in A2, ricordando che prima viene la società poi i giocatori e l’obiettivo come primo anno sarà una tranquilla salvezza».

Quando vale adesso l’A2?

«Tanto, perché ci dà una visibilità nazionale, molti giovani giocando in A2 acquistano un valore molto più alto, esattamente come era una volta nel Basket Rimini. Ma il valore più grande è quello che può dare alla città di Rimini, perchè non dimentichiamo che Rinascita nasce perché il popolo dei canestri ci ha spinto a fare qualcosa di grande per il basket a Rimini».

C’è un messaggio di congratulazioni che l’ha toccata di più?

«Ne ho ricevuti tanti, se devo sceglierne proprio uno, quello di Giove Boldrini, capace sempre di cogliere quell’aspetto emotivo, mi ha sempre dato credibilità e da lui ho sentito una fiducia illimitata».

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