Non sono solamente i numeri a confermare che il baseball è lo sport più titolato a San Marino. Sette scudetti, tre Coppe Campioni ogni anno una squadra che viene costruita per lottare per il titolo italiano.
La storia dell’antica Repubblica è fatta di tanti sammarinesi che nel corso degli anni hanno cercato fortuna Oltreoceano, soprattutto destinazione Stati Uniti.
E c’è anche chi è riuscito a trovare fortuna nello sport, chi ha provato ad andare “di là”, a scoprire un mondo completamente diverso. Quel “di là” nel caso di Alessandro Ercolani è il baseball americano, cioè dove il batti e corri è nato ed è sport nazionale.
Quello sport che Alessandro comincia a praticare a 6 anni, poi a 15, durante il campionato Europeo con la nazionale italiana, scatta la scintilla. Il pitcher, sempre più solido fisicamente e sempre a suo agio sul monte di lancio, viene notato dagli scout americani. La firma è pronta e in casa Ercolani (il padre Enea è presidente federale sul Titano) scelgono i Pittsburgh Pirates: sette anni di contratto e nel 2021 comincia l’avventura.
Allora Alessandro, cosa è cambiato dal 2021 a fine 2025?
«Direi che è cambiato tutto, quando sono partito la prima volta avevo 16 anni, davo molte cose per scontato, poi crescendo mi sono reso conto che mi si presentava un’opportunità incredibile da sfruttare al massimo. Stare in America non è più difficile, pian piano mi è salita la voglia di giocare a baseball, ho cominciato a vedere tutto con occhi diversi».
Quali sono le differenze più evidenti rispetto al nostro baseball?
«E’ tutto molto diverso. A livello tecnico, sul discorso baseball vero e proprio sono migliorato tanto, per quanto riguarda la metodologia di allenamento mi sono creato una routine di esercizi per il lancio, ho un mio piano partita. Poi c’è l’aspetto mentale e qui ho invertito la rotta, il cambiamento è stato totale, quasi inevitabile».
C’è una ragione precisa per questo cambiamento?
«Si fa sempre un certo tipo di lavoro per tutto l’anno, sarò uscito con gli amici tre-quattro volte, tutti i giorni si va all’allenamento, poi ci sono le partite, il tempo da dedicare a me stesso è poco, bisogna abituarsi a un’altra vita. Ho avuto la fortuna di andare in un’organizzazione come quella dei Pirates che ci lascia un po’ di spazio libero, però quando ci sono le partite si va al campo verso le 12,30, la partita inizia alle 18,30, si torna a casa a mezzanotte. Quando si gioca per una settimana in trasferta, si viaggia in pullman per rientrare e spesso il giorno libero sfuma».
Com’è la quotidianità del pitcher a livello sportivo?
«Come allenamento cambia pochissimo rispetto all’Italia, c’è il pitching coach che ci segue. Cambiano invece l’approccio alla partita e il post. Prima di lanciare abbiamo tante informazioni sui battitori avversari che andremo ad affrontare, ognuno sa sempre cosa deve fare. Il giorno dopo aver lanciato riguardiamo la partita lavorando sui dettagli».
«Un confronto con quello che ero abituato a casa è fuori discussione. A colazione e pranzo ci si arrangia, almeno quando c’è la partita arriva il catering. Per fortuna che adesso sono a San Marino e per un po’ di giorni mi riscatto».
Si riescono a creare rapporti di amicizia?
«Amici veri due, tre, il resto sono compagni di squadra con i quali devi andare d’accordo».
Ercolani quest’anno ha giocato in Doppio A negli Altoona Curve in Pennsylvania. La maggior parte della squadra è composta da americani?
«Divisa a metà tra americani e caraibici, poi c’è un ragazzo ugandese di 17 che tira veramente forte».
Come è stato il passaggio dal Singolo avanzato al Doppio?
«Notevole, forse anche più rispetto a una scalata dal Triplo A alla Major League. E comunque sono rimasto soddisfatto della mia stagione, ho lanciato 25 partite, circa 100 inning».
Meglio partente o rilievo?
«L’importante è lanciare».
Parliamo della prossima stagione, la sesta negli States: quando si parte?
«I primi giorni di gennaio torno negli Stati Uniti, vado in Florida, a Bradenton, dove è in programma un camp di due settimane riservato ai lanciatori delle Minors di Pittsburgh. Rispetto agli anni scorsi, non ritorno a casa, mi fermo lì in attesa degli spring training (il pre-campionato per intenderci, ndr). Poi a inizio aprile comincia la stagine vera e propria».
Ed è in quel periodo che verrà svelato il futuro?
«Esatto, non mi hanno ancora detto dove pensano di impiegarmi all’inizio, ma è sempre così, di solito lo dicono verso la metà degli spring training».
Logico che l’obiettivo maturato negli anni e uno, il più importante e si chiama?
«Major League. Il sogno di chiunque giocatore al momento della firma con queste organizzazioni».
Ed Ercolani ci crede fermamente. Cosa manca per il grande salto, per far sì che dopo il primo italiano a salire sul monte di Major League (Samuel Aldegheri), ci sia il primo sammarinese?
«Quest’anno ho giocato in Doppio A assieme a gente poco più grande di me, dai 23 ai 25 anni, alcuni di questi sono arrivati in Major League, giocatori che erano al mio livello. Questo dunque mi fa pensare che il top non sia poi così lontanissimo. Devo solo continuare a lavorare, migliorare, a crederci come ho fatto finora, anche a tirare più forte, se il mio livello resta alto per tre-quattro mesi potrebbe anche arrivare l’opportunità. Sia facendo il salto dal Doppio come Aldegheri oppure passando per un mesetto dal Triplo A».