“The life”, Marina Abramović in percorso verso l’immortalità

PESARO. Incedere regale, l’artista e il suo regista avanzano nella rinascimentale Villa Imperiale immersa nel verde, in un armonioso pomeriggio di inizio estate. Marina Abramović e Todd Eckert appaiono a loro agio, gentili, disponibili al dialogo, raccontano il senso di The Life, l’installazione al Centro di Arti Visive Pescheria, una performance in doppia dimensione: fisica e digitale. L’affluenza del pubblico ha spinto gli organizzatori a prorogare l’evento fino a domenica 23 giugno.

Sollecitata dalle precise domande della giornalista Valentina Tosoni, Abramović racconta generosamente la sua performance (prodotta dallo studio specializzato in mixed reality Tin Drum) presentata per la prima volta alla Serpentine Galleries di Londra, e ora a Pesaro Capitale della Cultura 2024.

«Dopo aver lavorato 55 anni con il mio corpo, ho voluto sperimentare la realtà virtuale ma non ho avuto soddisfazione, né i risultati auspicati. Ho capito che con la realtà virtuale il mio corpo non poteva fare parte dell’arte in se stessa. A quel punto Todd mi ha chiesto di realizzare qualcosa con la realtà mista, e allora ho sentito la possibilità di fare qualcosa che fosse vero ma allo stesso tempo anche non vero. Alternando la realtà alla non realtà. Questo percorso costruito insieme contiene più significati; mi permette di essere presente anche quando non sarò più su questa terra. Credo che questo sia una sorta di immortalità. Con un gioco di luci e tecnologia è possibile vedermi, passarmi attraverso come fossi un fantasma... però allo stesso tempo sono lì e voi potete vedermi. E questo è diverso da come funziona nei film che sono bidimensionali».

Essere artisti

«Tu non puoi diventare artista: o lo sei o no. Lo capisci perché ti svegli e senti l’urgenza di creare qualcosa, un bisogno forte come l’aria che respiri. Quando hai capito di esserlo, cosa fai? Non è detto che tu sia un bravo artista. L’arte è al 90 per cento duro lavoro e 10 per cento talento. Io rispetto solo la categoria di artisti Wow, ovvero quei due o tre che nascono ogni cento anni e che fanno qualcosa di unico, qualcosa che resterà. Nella mia ricerca mi interessava non fare qualcosa che fosse piatto».

Il successo

«Mi considero fortunata, la mia notorietà è arrivata così tardi! Questo mi ha permesso di non attaccarmi al successo. Negli anni Sessanta e Settanta creavo lavori bruttissimi, ma per me non era importante. Ho viaggiato anche tanto, sono stata vent’anni con i monaci tibetani, un anno con gli aborigeni...Cinquantacinque anni dopo ho capito il senso del successo. Giovani buttatevi, lavorate sodo , non preoccupatevi del giudizio altrui»,

The life vi aspetta.

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