Rimini. Scout e resistenza al teatro Galli. «Una storia dal forte valore vitale»

RIMINI. «Faccio l’attore perché ho fatto lo scout. Lo scautismo è una palestra di vita». Alex Cendron, attore trevisano di teatro, cinema, tv, fin da bambino ha vissuto questa esperienza, coltivando contemporaneamente la sua passione per la recitazione. «Quando si ha un trascorso da scout, si è scout per sempre. Socialità, pratica, altruismo. E un grande amore per la natura».
Ora questi due anime si fondono in Aquile randagie. Credere disobbedire resistere in scena questa sera alle 20.30 al teatro Galli, in programma per il Giorno della memoria. Spettacolo di e con Cendron, per la regia di Massimiliano Cividati.
«Da tempo avevo il desiderio di portare a teatro questa storia – racconta Alex Cendron – sia per chi il movimento lo conosce e ne fa parte, sia per tutti coloro che invece non lo conoscono o addirittura ne hanno dei pregiudizi. Durante la pandemia ho deciso di scrivere il testo dopo aver raccolto per anni informazioni e letto materiali».
È ricca la storia degli scout, movimento che ha attraversato il Novecento, superando i momenti bui del fascismo. E proprio all’arco di tempo tra gli anni Venti e Quaranta è dedicata questa pièce che ricostruisce fatti e personaggi del gruppo dei giovani di Milano, Parma, Monza che si fecero chiamare Aquile randagie. «La loro vicenda è potentissima».
Il 9 aprile del 1928 Mussolini firmò il decreto con il quale si dichiarò soppresso lo scautismo in Italia. Ma ci fu chi si rifiutò di abbandonare tutto e lottò segretamente per continuare la propria attività e difendere i propri valori di libertà e non violenza.
Andrea Ghetti e soprattutto Giulio Cesare Uccellini, detto Kelly, continuarono così a organizzare incontri e a mantenere in vita la loro realtà.
Un lungo periodo di tempo da raccontare, dal ’28 al ’45, e tante fonti da cui attingere.
«Durante la pandemia ho concretizzato questo desiderio e ho scritto il testo, ricostruendo in maniera fedele, filologica, ma anche attraente, le vicende. Una veglia civica, civile. Ho messo in ordine gli eventi e nel farlo ho scoperto episodi, particolari, colmando lacune storiche».
Un unico attore sul palco. Alex Cendron è la voce della memoria. Una narrazione in cui si intrecciano due storie: quella delle Aquile e quella di un bambino, Gabriele, salvato dall’organizzazione Oscar, nata per aiutare ad espatriare in Svizzera ebrei e ricercati politici, che salverà migliaia di persone dal nazifascismo.
Come riesce a sviluppare una trama così intricata?
«Le due narrazioni procedono prima parallelamente, poi collassano e si congiungono. Io sul palco sono un cantastorie che mette insieme i fili degli avvenimenti, li fa rivivere, anche grazie all’accompagnamento musicale di Paolo Coletta, che proporrà canzoni tradizionali degli scout».
Un riferimento visivo e narrativo importante è al solstizio d’inverno. Quale significato assume all’interno della trama?
«Un significato simbolico. La luce è la luce nascente, Cristo, la speranza. Abbiamo realizzato proiezioni olografiche che fanno in modo che i disegni di luce si staglino sul buio e le immagini sembrino fluttuare nell’aria. Tutto diventa più evocativo».
Sulla storia delle Aquile randagie c’è anche il film di Aureli del 2019.
«In questo spettacolo c’è un’attinenza storica maggiore, più precisione, riferimenti puntuali. La vicenda delle Aquile ha un forte valore vitale, morale e la presenza dal vivo dell’attore davanti al pubblico è indispensabile per arrivare all’anima e comunicarne i forti valori».