Ravenna, Menoventi al Rasi con Majakovskij

Spettacoli

“Ravenna viso-in-aria” prosegue domani sera 23 ottobre alle ore 21 al teatro Rasi con Buona permanenza al mondo dei Menoventi (in collaborazione con la nona edizione di “Fèsta”), un collage polifonico che restituisce lo stato della ricerca della compagnia faentina sulla figura del poeta russo Vladimir Majakovskij, ispirandosi al libro di Serena Vitale Il defunto odiava i pettegolezzi.

Ne parliamo con il regista e fondatore (insieme all’attrice Consuelo Battiston, che vedremo in scena) di Menoventi, Gianni Farina.

Farina, lo spettacolo si inscrive in un progetto triennale che Menoventi sta portando avanti dedicato agli ultimi giorni di vita di Majakovskij. Che forme va assumendo questo percorso?

«In origine si pensava a uno sviluppo biennale del progetto. Dopo il debutto de L’incidente è chiuso, la tappa del 2019 che si focalizza sul rapporto tra Majakovskij e Nora – testimone chiave di questa indagine – avevamo intenzione di mettere in scena direttamente Il defunto odiava i pettegolezzi, il capitolo conclusivo che darà voce e corpo a tutti gli altri testimoni. La pandemia ha impedito quel formato, ma abbiamo colto con piacere l’occasione di presentare, con Ravenna festival, questo passaggio intermedio, che prende le forme di una mise en éspace. Abbiamo raccontato e restituito voci, sguardi e documenti che allargano il panorama di interesse, sottolineando il fermento culturale della Mosca degli anni Venti e Trenta».

Il romanzo di Vitale, oltre a essere un’importante forma di ispirazione, come è rientrato all’interno della mise en éspace che presenterete venerdì sera al Rasi?

«In questa versione il testo di Vitale viene citato meno, ma resta comunque il nostro faro. Sono contento che già dal nostro primo incontro Serena fosse entusiasta dell’idea che le abbiamo proposto, ossia darle voce attraverso la stralunata figura della Donna Fosforescente, l’ultima creatura fantastica di Majakovskij, un personaggio del futuro che lacera la realtà iperburocratizzata all’interno della quale si sviluppa Banja, una commedia che venne accolta malissimo da pubblico e critica, il cui fiasco colossale fu uno dei numerosi motivi che contribuirono alla morte del poeta. La Donna Fosforescente, figlia della penna di Majakovskij e della regia di Mejerchol’d, salta continuamente avanti e indietro nel tempo per cercare di capire cosa è successo negli ultimi mesi di vita del poeta sovietico. Consuelo Battiston, con la quale condivido l’ideazione del progetto, si distingue dagli altri personaggi per il registro formale, che richiama Mejerchol’d, mentre gli altri quattro attori seguono i dettami della scuola rivale, il blasonato Teatro D’arte fondato da Stanislavkij».

Majakovskij muore nel 1930. Non sarà l’unico intellettuale sovietico a scomparire nel corso di quegli anni. Nello spettacolo si parla anche di questo, ovvero di una generazione di poeti e intellettuali che venne quasi azzerata. Ci sono, secondo lei, alcune similitudini tra quel tempo e il nostro?

«Moltissime, a volte per affinità, a volte per una perfetta opposizione. Il testo di Roman Jakobson che chiude il nostro lavoro racconta una generazione che si confronta con grandi cataclismi, come la nostra, ma sviluppa l’analisi del proprio tempo parlando di uomini che hanno creduto troppo nel futuro, vivendo costantemente proiettati in avanti, in modo da perdere “il senso del presente”. A mio avviso oggi giungiamo allo stesso smarrimento partendo dalla prospettiva opposta, dalla totale assenza di uno sguardo in avanti».

Info: ravennateatro.com

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