Morgan a Cesenatico: «Mi piace la situazione dell’errore, mostra l’artista nella verità»

Racconta Marco Castoldi (classe 1972), il cantante e musicista Morgan, di essere cresciuto nella musica in modo naturale. Sua madre suonava il pianoforte e lui vi si è dedicato per davvero come la sorella al violoncello.

«La musica faceva parte della vita, imparavamo con naturalezza». Da quel primo tempo “allegro” è stato un crescendo di band e successi coi Bluvertigo “arpeggiando” rock new wave. Vent’anni dopo, la ripartenza da solista di Le canzoni dell’appartamento (2003) fino all’esplosione mediatica di XFactor e Festival di Sanremo.

Ma a quel punto l’armonia si è scontrata con toni dissonanti (squalifica a Sanremo 2020, licenziato da XFactor 2023). Ora Morgan desidera ripartire dalla musica per ritrovare il suo habitat naturale con il concerto Stramorgan live che lo riporta a Cesenatico stasera alle 21 al teatro Comunale. Il titolo è tratto dal format che ha condotto per Rai 2 (aprile 2023) e che «potrebbe rinnovarsi». Sulla falsariga di quella idea musicale, Morgan passa in rassegna il suo repertorio integrando pezzi recenti come l’aggressivo Sì, certo l’amore del nuovo disco E quindi insomma ossia la cui uscita è ancora sospesa. Ma vuole anche essere un concerto in libertà, con vena improvvisativa. Insieme a Le Sagome, fidi musicisti che da vent’anni condividono musica e pensiero artistico dell’artista brianzolo.

Morgan, fuori dallo schermo e da shitstorm è più bello fare musica?

«Facendo un bilancio dei miei cinquant’anni di vita, la cosa più bella è suonare e stare sul palco. Mi fa sentire vivo, allineato, in equilibrio, sento di avere un senso perché esprimo e vivo tutto ciò che sono. Fuori dal palco la vita è quella che è. Sul palco mi piace dare spazio a improvvisazione, all’invenzione momentanea».

Come nel jazz?

«Negli altri generi di solito si fanno concerti troppo preconfezionati; tante prove, canzoni tutte uguali, livello professionale alto, suoni equilibrati, tutto perfetto. Ma a me piace pure la situazione dell’errore; mostra umanità e la reale capacità dell’artista nella verità, ossia saper riparare trovando una soluzione. Il palcoscenico è luogo per chi ci sa stare; troppi artisti fanno dei prodotti, ma quando li vedi nudi sul palco con uno strumento, non combinano granché. A me piace cambiare, costruire un concerto in base al pubblico. In questi anni però ho fatto cose un po’ troppo “libere”, terrei a entrare in una fase un po’ più ordinata».

Come un concerto teatrale?

«Ciò che davvero mi dà più gioia è suonare con i musicisti dei tempi delle Canzoni dell’appartamento (2003). Li avevo richiamati già per Stramorgan. Sono i miei collaboratori più stretti, grandi musicisti, amici. È meraviglioso vivere l’intesa creativa insieme sul palco. Spazieremo fra successi vecchi e nuovi e sonorità diverse».

Come la spiazzante “Sì, certo l’amore” e i pezzi dell’atteso nuovo disco?

«Ho composto le nuove canzoni di E quindi, insomma, ossia, su testi di Pasquale Panella, in maniera spontanea. Ho improvvisato in modo rapido ponendomi il vincolo di fare una canzone al giorno. In contrasto con il professionista che sono, che ama sprofondare dentro le cose prendendosi tempo. Dopo averli scritti però vi ho costruito sopra la produzione, e allora ho impiegato due anni per ricercare il suono! Sì, certo l’amore è aggressiva, anche acida, ma ogni canzone del nuovo album è diversa, ha un suo mondo. La musica italiana ultimamente disabitua il pubblico a cose audaci, fantasiose, innovative, di conseguenza si fatica a imporre nel mercato l’originalità. Fossilizzati su una certa retorica sentimentalista basata su formule che funzionano. Credo che oggi Battiato e De André non farebbero dischi. Perché erano estremi, e adesso è un piattume pazzesco».

Lei riesce a vivere in libertà creativa?

«Continuo a provarci, l’ho fatto anche in tivù, dove mi hanno criticato e diffuso una falsa percezione di me. Non sono pazzo né incontrollabile, ho una posizione antisistemica rispetto al potere. Creo una dialettica che so gestire, a differenza di altri che scappano (Bugo, ndr) o mi cacciano (i produttori di XFactor, ndr). Io porto musica ma, quando vengo chiamato, non mi si autorizza a lavorare secondo la mia visione. Sarei molto adatto a una docenza musicale, ma nessuno me l’ha affidata, ho impiegato dieci anni per fare 4 puntate di cui hanno parlato male, ho subito un massacro mediatico che mi impedisce di fare concerti, di pubblicare dischi di produrli. Ma ho prodotto Battiato e avevo 27 anni».

Info: 0547 79274

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