Le sofferenze della danza: virus e mancanza di una legge

CESENA. La bella notizia, anche per la danza, è che da lunedì 15 giugno si possono riaprire i teatri; ma con quali spettacoli? Se è vero che molte scuole sono tornate attive, persino con lezioni nel verde, di certo per gli spettacoli coreutici tradizionalmente intesi l’attesa sarà ancora lunga. Da Milano a Roma passando per Rimini e Romagna le prospettive non sono rosee. Ravenna festival, costretto a rivoluzionare il programma della rassegna 2020, ha comunque inserito uno spettacolo di danza e musica giocando la carta di soli e duetti fra congiunti. La maggior parte dei danzatori però continua a rimanere senza lavoro.
Ciò che non rimane ferma è la vena creativa, peraltro endemica alla danza. Lo afferma Sara Barbieri, danzatrice e insegnante; dopo i primi passi alla scuola Arabesque della sua nativa Rimini, Sara da molti anni vive a Milano dove è danzatrice nel corpo di ballo delle opere liriche del Teatro alla Scala e insegnante al Centro professionale danza Aida.
«I momenti di crisi sono occasioni per reinventarsi – riflette la danzatrice –; in questi mesi di chiusura ho portato avanti anche appuntamenti culturali legati al nostro mondo. Da casa ho dato vita a un “salotto” on line invitando tanti protagonisti, fra cui insegnanti e coreografi, da Max Volpini a Marisa Caprara direttrice del Centro Aida. Dai vari contributi è emersa la necessità di sviluppare una cultura a largo raggio per i ballerini, non solo lezione e tecnica. Formare un ballerino significa formare un artista; ma l’artista vive il suo tempo, non vive in una bolla; perciò il tema di una formazione più vasta dovrebbe diventare un punto fermo, scritto nero su bianco».
Ciò che la danzatrice vede lontanissimo è il ritorno alla Scala: «Le limitazioni di 200 persone per i teatri al chiuso sono inaffrontabili alla Scala, dietro alle quinte siamo di più. L’Aida di Zeffirelli solo di comparse esaurisce il numero. Dovremo pensare di fare qualcosa di diverso? Non so, l’importante è non perdere le connessioni. A Milano c’è pure il Teatro Continuo Alberto Burri al parco Sempione, grande e aperto, dove il pubblico può sedere sul prato. Bisogna inventarsi qualcosa, siamo in tanti ad aver perso il lavoro, senza contratti fissi, né tutele e regolamentazione».
Sos danza
Durante il lockdown il mondo della danza ha cercato di unirsi in associazioni, gruppi, movimenti per sensibilizzare la gente sull’invisibilità del settore. Giacomo Molinari sta cercando di riunire questa molteplicità in un’unica e più efficace voce. Già danzatore, coreografo, maestro, Molinari è presidente dell’Associazione danzatori, cofondatore e vicepresidente della Federazione Italiana della Danza – Agis. All’interno dell’emittente web Radio Danza ha creato il gruppo Sos Danza; in 18 puntate ha ospitato 120 artisti e personaggi legati a danza e a spettacolo dal vivo, registrando 25mila contatti. Ora sente che è il momento di compiere un passo in avanti: così sabato 20 giugno al teatro Greco di Roma organizza l’assemblea costituente di Sos Danza, per creare una rappresentanza che sia portavoce al Governo del settore.
«Da anni vige una vacatio legis nella danza – fa sapere Giacomo Molinari – e ciò ha contribuito alla mancanza di identità e regolamentazione e, di conseguenza, a una frantumazione del settore. L’assenza di unità della categoria ha portato a disperdere energie. Già nel 2004 fui tra i firmatari di un protocollo d’intesa tra la Federazione della Danza – Agis e Afam-Miur; ma l’alternarsi dei governi bloccò il procedere dell’iniziativa; nel 2017 si ritornò alla carica attraverso il nuovo Codice dello spettacolo, ma anche in quel caso non se ne fece nulla. Il nostro obiettivo a questo punto è mettere attorno a un tavolo tutte le rappresentanze della danza, in modo unitario, per incontrarci in una costituente. Vogliamo dialogare con il Governo interpellando i dicasteri che più ci riguardano, ovvero Politiche giovanili, ministero dei Beni e attività culturali, ministero dell’Istruzione, ministero del Lavoro».
Tra i punti fermi, c’è la volontà di dare identità al settore coreutico a partire dalla formazione, togliere le scuole private dal governo delle associazioni sportive, assicurare una più equa tutela ai ballerini professionisti.
Tango senza abbraccio
Non solo ballerini classici o contemporanei, anche il settore del ballo di sala e a coppie, molto diffuso in Romagna, è impossibilitato a danzare. Nella varietà di balli, quello più rappresentativo del momento è il tango: «Proprio il tango, che ha fatto dell’abbraccio la sua caratteristica, adesso è proibito. È un abbraccio che la scienza ha definito addirittura terapeutico; ebbene, quell’abbraccio che prima ci curava, adesso rischia di ammalarci!».
A parlare è la riminese Deborah Mazza, lavoratrice comunale part-time, ma ballerina tanguera di vocazione, da otto anni direttrice della scuola El Tropezon che significa “l’inciampo”. «Perché nel tango l’errore è un amico – dice –, molti passi sono stati inventati sbagliando, accade perché il tango ha una possibilità infinita di variazioni, non è codificato con precisione come altri balli».
Gli “sbagli” del tango
L’insegnante e ballerina tiene a ricordare che il tango per molti appassionati è uno stile di vita: «La vita di un tanguero è condizionata dal ballo in ogni momento, da quando entri in sala a quando esci, dalla milonga del fine settimana ai viaggi e alle ferie, ai momenti casalinghi. Il tango te lo porti addosso, lo vivi in ogni istante».
Pure senza milonga, in questo tempo di non tango, Deborah si è inventata lezioni en plein air, sotto i portici di piazza Cavour a Rimini. Non si tratta di vero e proprio tango, considerando che ogni allieva/o si muove singolarmente e a distanza. Ora però la lezione si è riaperta alle coppie, ma solo di congiunti. Deborah deve aspettare ancora, suo marito, che è il suo primo fan, non è un tanguero. Così l’appassionata ballerina può solo guardare: «Dal 3 marzo non vivo più l’emozione dell’abbraccio unico del tango».

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