La “Tempesta” di Shakespeare per Aterballetto al Bonci di Cesena

CESENA. Il cartellone di danza del teatro Bonci di Cesena si chiude con una recente produzione della compagnia Aterballetto. È Tempesta dal dramma di Shakespeare in scena stasera alle 21; la coreografia è di Giuseppe Spota, la drammaturgia è di Pasquale Plastino, le musiche sono di Giuliano Sangiorgi dei Negramaro. Spota nato a Bari nel 1983, attualmente vive in Germania dove dirigerà la MiR dance company di Gelsenkirchen vicino a Colonia; il 25 maggio debutta a Dortmund l’opera “Echnaton” di Philip Glass di cui ha curato regia e coreografia.


Spota, dopo aver danzato anche in Aterballetto, ha continuato la carriera in Germania. Perché questa scelta?
«La Germania offre ampia scelta a livello artistico, tanti teatri, uno stipendio ragionevole anche sul fronte dei contributi; inoltre desideravo conoscere, vedere cosa accade in giro. Attualmente sono coreografo residente a Mannheim, dall’anno prossimo avrò una mia compagnia come direttore artistico, la MiR dance company a Gelsenkirchen».


Sul fronte creativo la Germania è stimolante?
«C’è tanta internazionalità, vedo danzatori di ogni tipo. Del resto oggigiorno i danzatori provengono da tutto il mondo, con un livello mediamente alto. Ho pure ballerini romagnoli; a Mannheim c’è Chiara Dal Borgo, nella mia nuova MiR company avrò Chiara Rontini, entrambe ex allieve del Dance Studio di Luna Ronchi a Faenza. Era uno dei miei obiettivi poter dirigere una mia compagnia con cui realizzare ciò che preferisco. Avrò 14 ballerini e due stagisti, per iniziare non è niente male. Ho anche potuto sceglierli, con una audizione a cui hanno partecipato in duecento».


Come ha costruito invece la “Tempesta” da Shakespeare? Spesso la traduzione di classici nel contemporaneo viene espressa con una chiave di lettura astratta e criptica.
«È vero, oggi si definisce contemporaneo qualsiasi cosa; nel mio caso però, quando abbiamo scelto questo titolo, è stato per raccontare la storia della Tempesta di Shakespeare. La drammaturgia di Pasquale Plastino ci ha permesso di farlo con il linguaggio della danza».
Quali personaggi e idee ha messo in atto?
«È stato un percorso stimolante, che si è aperto a raggiera. Siamo partiti dal prima Tempesta, ovvero da quando Prospero e Miranda arrivano sull’Isola, con Miranda bambina che lì cresce. I primi trenta minuti accentuano il bel rapporto tra Prospero, Miranda e Calibano che si sfalda quando quest’ultimo cerca di violentare la ragazza; allora diventa schiavo, Prospero si impadronisce dell’isola e si vendica del fratello Antonio usurpatore del trono».


Coreograficamente, come ha risolto il balletto?
«Più dei passi a due, mi piace creare per i gruppi, l’intreccio coreografico si fa più intrigante. Così a un certo punto i danzatori diventano naufraghi di una tempesta e allo stesso tempo mare, adattano i corpi in movimenti ondosi. Per Miranda ho trovato una chiave per farla sembrare bambina; Ariel è sospesa, sostenuta da due “servi di scena” citazione della famosa Ariel-Giulia Lazzarini nella Tempesta di Strehler. Calibano è rappresentato da una tribù di Calibani che si riducono di numero fino a uno solo, l’unico che resterà sull’isola. Amo anche fare muovere gli elementi scenici ai ballerini. Qui il corpo di ballo muove zattere che si trasformano in muri e in una grotta».
Come, invece, le musiche originali di Giuliano Sangiorgi si inseriscono nella coreografia?
«La sua musica non è pop; è una composizione in cui ha compiuto un viaggio musicale utilizzando una gran varietà di strumenti: archi, bassi, orchestra, elettronica. Ha reso il landscape (paesaggio) che desideravo, ha creato una colonna sonora orecchiabile, non troppo concettuale, che sottolinea i movimenti coreografici. Mi ha affascinato la versatilità di Sangiorgi, artista molto di pancia».


In conclusione, la classicità dei balletti funziona anche se tradotta nel contemporaneo?
«Mi piace rifare classici come può essere una Giselle o Bella addormentata in grado di offrirci una lettura del presente. Basta spremere le idee, trovare i contorni che il nostro tempo ci suggerisce, in modo che il pubblico possa di nuovo ritrovare un certo tipo di estetica, di messaggio, di apprendimento. È importante che la gente si renda conto che la nostra cultura classica può essere proiettata anche in un mondo moderno».
Info: 0547 355959

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