Il film di Elisabetta Sgarbi su Nino Migliori con le musiche di Mariani
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Dopo l’anteprima alla Festa del Cinema di Roma, il nuovo film di Elisabetta Sgarbi “Nino Migliori, viaggio intorno alla mia stanza", dedicato al rinomato fotografo bolognese, è stato proiettato anche a Bologna all’interno del festival Visioni Italiane, e giovedì 10 novembre sarà a Modena in apertura del festival Viaemili@docfest (multisala Astra).
Sgarbi, anche Nino Migliori ha raccontato il Delta, ci sono analogie nei vostri sguardi? <Nino si è affacciato sul Delta in pieno clima neorealista, con uno sguardo volto a cogliere la povertà in cui versavano quelle terre. Il mio sguardo è più sul paesaggio e sui lavori del Delta. E anche sulla sua storia. Insomma, vengo dopo, in un clima molto diverso e in un Paese molto cambiato. Ma non potevo non contemplare questa parte della produzione di Migliori in un film su di lui>.
Uno dei progetti più famosi di Nino Migliori è la lettura della via Emilia attraverso due macchine fotografiche, come lo racconta nel film? <C’è in Migliori sempre un forte elemento concettuale nelle sue fotografie. Così accade anche per il viaggio sulla Via Emilia. Migliori non si accontenta di fotografarla: ma intende dare l’idea del viaggio, e, più in particolare, la strada percorsa e la strada da percorrere, la memoria e il desiderio. Su questa idea Migliori ha costruito un apparecchio per una doppia fotografia, che contemplasse ciò che è davanti agli occhi del fotografo e ciò che sta dietro il fotografo, che è nella sua mente e nella sua memoria>.
Come ha trovato lo sguardo giusto per ritrarre Nino Migliori? <L’ho trovato non appena ho incontrato Nino Migliori, nel suo atelier. Per contro, prima di incontrarlo, ho pensato molto a “come fare” per raccontare Migliori. E, nonostante molto mi arrovellassi, non trovavo una chiave per narrare oltre 70 anni di fotografia. E quindi esitavo a avviare il film. Ma non appena ho incontrato Migliori, si è fatta luce, e ho iniziato>.
Come nel libro “Viaggio intorno alla mia camera” di Xavier de Maistre, anche il film si svolge tutto in una stanza, lo studio di Migliori a Bologna, ce la racconta? <Quello di De Maistre è stato un libro feticcio dei mesi più difficili del Covid. Siamo stati costretti a viaggiare nella nostra stanza, che poi è il viaggio nella immensità della nostra mente, della nostra memoria. E stando nell’atelier di Migliori, ho avuto la sensazione di stare dentro la mente giocosa e seria di Migliori. Ci sono tutti gli strumenti della sua fantasia, della sua sperimentazione e - grazie all’opera straordinaria di Marina Truant - un archivio ricchissimo delle opere di Migliori. E allora ho usato il libro di De Maistre come “limite”: i 42 capitoli / giorni in cui è cadenzato il libro di De Maistre sono diventati i 42 minuti del film. E poi ci sono delle suggestioni: lo specchio, ad esempio, che chiude il libro di De Maistre è uno dei leit motiv del film>.
Le musiche di Mirco Mariani degli Extraliscio hanno una parte centrale di questo film. Come ci avete lavorato? <Nello spirito di De Maistre, ha lavorato nella “sua stanza”, che è il pandant dell’atelier di Migliori, il suo Labotron. Io gli ho fatto avere alcune delle fotografie, su cui lui ha composto. Con molta libertà e immediatezza. E, come accadeva con Battiato, alla fine, nella assoluta libertà creativa, ci si incontra>.
Nel film recita Gilda Mariani, figlia di Mirco Mariani. Non è la prima volta che la vuole nelle sue pellicole, cosa vede in lei? <All’inizio vedevo me stessa adolescente, un po’ sospesa e anche scontrosa. Poi ho imparato a vederla come immagine: ha un fascino misterioso in video. E qui ho proposto a Nino Migliori di fotografarla, durante il film. E anche Nino ne è stato ispirato>.