Giacomo Garaffoni e Marianne Mirage a Cesena con "Furore"

Spettacoli

CESENA. Tornare a John Steinbeck per leggere il presente: quei “grappoli di furore” che danno il titolo al suo capolavoro sono gli stessi che oggi fermentano nelle rivolte di piazza americane, dove una minoranza reagisce con violenza contro il potere che la vorrebbe silente.
Da questa “permanenza della rivolta” parte Furore, lo spettacolo-lettura in programma lunedì 21 settembre alle 21, al chiostro di San Francesco a Cesena, che chiude la rassegna Fine estate di We reading.
Sarà un appuntamento a ingresso libero con due artisti romagnoli già piuttosto affermati a livello nazionale: il cesenate Giacomo Garaffoni, classe 1981, regista, autore per teatro e cinema, con alle spalle importanti collaborazioni fra Teatro Valdoca e Socìetas Raffello Sanzio; e la forlivese Marianne Mirage, al secolo Giovanna Gardelli, classe ’89, cantante e musicista, autrice già matura e richiesta dal cinema italiano con la canzone The place, tema dell’ultimo, omonimo film di Paolo Genovese.
Garaffoni, come mai ripartire da Steinbeck?
«Alla fine del lockdown un’associazione di Rimini mi chiese di realizzare una lettura su Steinbeck. Ho cominciato a leggerlo nel momento in cui sono iniziati i disordini di Minneapolis. È questo il punto centrale: Furore è legato a questi movimenti, alle forme della rivolta americana, le riots, negli anni Trenta. La pratica della rivolta diventa conferma di un’identità di comunità. Per me è subito emerso un legame fra questo passato e il nostro presente. Così ho deciso di chiamare Marianne per inserire nella lettura anche degli spiritual americani».

Ha fatto un montaggio del libro?
«Si tratta di un libro piuttosto lungo: sono 700 pagine di storia, non è possibile raccontarla tutta. Così mi sono affidato ai momenti cardine del racconto. Per esempio la lettura comincia dalla fine, con un episodio piuttosto duro e disperato. L’unico momento in cui si esce dal libro è quando si cita il testo di un’attivista di Minneapolis, Tamika Mallory, che ho tradotto usando il linguaggio di Steinbeck. Questa settimana anche l’Italia ci chiama a riflettere su questo tema: la morte di Willy Monteiro non è un’avvenimento così lontano da quelli americani, purtroppo».

Marianne, come ha lavorato sulla parte musicale?
«Mi sono molto documentata sul genere degli spiritual, che ha segnato l’inizio della mia passione per la musica. Ho cominciato ascoltando Bessie Smith; e questa radice continua a nutrirmi ancora oggi».

Avete costruito lo spettacolo assieme?
«Abbiamo costruito la lettura assieme, pezzo per pezzo. Abbiamo scelto brani indimenticabili come Careless love di Bessie Smith, o Blowin’ in the wind di Dylan. In un momento abbiamo deciso di abbinare l’ormai famoso “I can’t breath” di George Floyd alla struggente Strange fruit di Billie Holiday. Queste canzoni così vecchie ci parlano oggi dei nostri stessi problemi. Ci servono ancora, perché più riusciremo a essere empatici, più è facile che tutti conquistino gli stessi diritti. Ecco: questo è uno spettacolo per persone sensibili, per chi ha voglia di emozionarsi e per chi non ha ancora completamente congelato il cuore».

Cosa le piace di più degli spiritual?
«Una cosa che mi è sempre piaciuta è sentire da dove parte l’esigenza artistica. L’esigenza di questi canti nasce delle viscere dello stomaco. È un canto che è quasi una preghiera. C’è un aneddoto interessante a questo proposito: una cantante di spiritual e gospel non sbagliava mai una nota. Un giorno le chiesero com’era possibile che cantasse così bene; rispose dicendo che lei cantava per il Signore, non per se stessa. Quando c’è una motivazione così forte, naturalmente l’ego del cantante passa in secondo piano. E in questo spettacolo faccio anch’io un passo indietro: sono al “servizio” delle letture, e sono molto rispettosa di questo passato».
Ingresso gratuito, prenotazione su www.wereading.it

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