Giacobazzi a Cesena: «Racconto con ironia il fascino della normalità»

Spettacoli
  • 30 ottobre 2023

Giuseppe Giacobazzi (alias Andrea Sasdelli, 1963) torna in scena al teatro Bonci di Cesena; il comico presenta il suo ultimo spettacolo Il pedone. Luci, ombre e colori di una vita qualunque oggi 30 e domani 31 ottobre alle 21, recuperando le date posticipate in seguito all’alluvione di maggio. L’attore pone a confronto la vita sua e di tutti con quella vissuta su una scacchiera.

«In una società dove tutti sognano di essere dei pezzi pregiati, brilla il fascino della normalità», dice.

Giacobazzi, da anni si propone con monologhi più personali. Cosa vuole dire con questo laconico titolo del Pedone?

«Il sottotitolo “luci ombre e colori di una vita qualunque” rimanda ai momenti di luci e ombre che ci accompagnano nei nostri giorni. L’idea di questo lavoro mi è venuta ricordando gli anni in cui lavoravo in una osteria di Bologna, e il mio gruppo di amici di allora; insieme sin dall’infanzia, eravamo molto uniti. Poi ci siamo persi di vista ma, una volta ritrovati, è stato bello vedere la nostra metamorfosi, l’evoluzione fatta, o l’involuzione. Così ho raccontato quattro realtà di vite diverse, unendo il come eravamo ai cambiamenti e alle trasformazioni avvenute rispetto a ciò che pensavamo da ragazzi».

Ma il titolo dello spettacolo a cosa si riconduce?

«A una frase detta in osteria da uno di quegli amici che purtroppo non c’è più, e che ho ripreso per similitudine. Disse: “Noi siamo come i pedoni di una scacchiera, siamo tantissimi ma non abbiamo il potere del re che è uno solo”. Credo sia molto vero anche nel nostro presente».

A proposito di evoluzione, da almeno una decina d’anni alla vena ironica unisce temi di vita profondi. L’evoluzione anagrafica toglie al comico la vis ridanciana?

«Si dice che invecchiando si diventa saggi, in realtà credo che si abbia più voglia di raccontarsi, anche per dimostrare che la mia vita non è poi così diversa da quella di chi mi viene ad ascoltare. La gente si immagina che fare spettacolo sia tutto lustrini e paillettes, invece c’è da fare la spesa, pagare le bollette, andare a prendere la bambina a scuola, confrontarsi con una realtà che in fondo è di tutti o di molti».

Ma questo cambiamento di scrittura rispetto agli anni di Zelig crede le abbia tolto dei fans?

«Beh, il pubblico rimasto affezionato al monologo “dei sandali”, a quel Giacobazzi più macchiettistico, probabilmente in parte l’ho perso. Ma sono convinto che tanto di quel mio pubblico di allora è cresciuto con me. Diversamente non si spiegherebbero i teatri pieni e ritornerei a mettere... i sandali».

La voglia di fare sorridere insomma è sempre dentro di lei?

«Sì certo, anche perché non sono un battutista ma un raccontatore, e non ho mai cambiato questo mio stare sul palco. Raccontarmi con ironia fa parte di me, non mi costa fatica, non devo fingere, mi appartiene. Ma non cerco di arruffianarmi il pubblico; tratto temi inerenti alla mia vita, anche delicati, come è stato quando parlai di fecondazione assistita, però sempre usando la leggerezza».

Scrive da sé o con autori?

«Scrivo sempre con Carlo Negri, siamo in sintonia anche di scrittura. Il procedimento dei miei testi ci vede prima alle prese con chiacchierate in cui individuiamo il filo conduttore, poi mi addentro nei singoli episodi. Alla fine cerchiamo di legarli, Carlo sbobina la registrazione del tutto, e decidiamo i pezzi da inserire, che poi condiamo e coloriamo. È una magia, ogni volta inspiegabile, però funziona».

Pensando a Laura Pausini che ha coinvolto la figlia nel canto, anche lei progetta di coinvolgere la sua, dotata di verve come il papà?

«Per il momento no, è in quinta elementare (sorride), ma mai dire mai. Un’idea potrebbe essere, che ne so, quella di un musical insieme. Lei potrebbe fare Heidi e io... il nonno, lo spirito ce l’ha...».

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