Esce "Venti", il nuovo album di Giorgio Canali e Rossofuoco
PREDAPPIO. Esce oggi in cd e doppio vinile “Venti”, ottavo album del cantautore predappiese Giorgio Canali insieme al suo gruppo storico Rossofuoco.
Canali, lei dichiara che “Venti” è un omaggio ai cantautori italiani degli anni ’60/’70: in effetti si ha la sensazione che, come allora, i testi siano preponderanti rispetto alla musica.
«Beh certo, se lo chiede a me glielo confermo, ma probabilmente i Rossofuoco direbbero che i testi non contano niente. I cantautori di quegli anni sono quelli che mi hanno formato artisticamente, ed è indubbio che le parole avessero un ruolo di primo piano, come è sempre stato per me nei miei dischi».
In ogni brano c’è un “easter egg”, cioè una citazione di un testo dei cantautori di cui dicevamo.
«È vero, tutto è cominciato con la prima canzone che ho scritto: “Cartoline nere”, che contiene una citazione molto pesante, così mi sono fatto prendere da questo gioco di inserirne altre. Riconoscerle è un motivo d’interesse in più per ascoltare attentamente i testi».
La sua scrittura risente del clima di questo anno terribile?
«Quando ho scritto i pezzi, mi ero riproposto di non parlare di questo, e per un po’ ci sono riuscito, ma poi non ho potuto far finta di niente davanti ad un presente così distopico. All’inizio ho avuto un atteggiamento di rimozione: non volevo credere a quel che stava succedendo, e quindi non ne volevo parlare. Facevo come i bambini che fuggono dalle cose brutte rifugiandosi in un mondo di fantasia. Col tempo la rimozione è diventata accettazione, e qualcosa è entrato nella scrittura».
Il titolo si riferisce ai venti brani del disco o al doppio venti di quest’anno?
«A entrambe le cose, e ai venti che soffiano, ma anche ad altri significati che chi ascolta queste venti canzoni di merda vorrà dargli».
Questa definizione dei suoi pezzi torna, visto che il disco precedente si chiamava “Undici canzoni di merda con la pioggia dentro”, ma in fondo non ci crede nemmeno lei che siano canzoni così.
«No no, io ci credo, almeno rispetto a quello che piace alla gente».
Lei si è “rifiutato di partecipare alle farse consolatorie dei miniconcerti in streaming” (parole sue).
«Assolutamente, e ne ho pagato il prezzo, perché siti, webzine, blog e mezzi di comunicazione vari che hanno vissuto su queste cose mi hanno ignorato».
Questo è in linea con l’atteggiamento anarchico e nichilista che lei ha sempre avuto.
«No dai, in fondo non sono nichilista, e pensandoci bene nemmeno anarchico… diciamo anarcoide. Preferisco questa definizione, anche se dispregiativa, perché gli anarchici si organizzano, e poi non sono più anarchici».
Mantiene ancora un legame con la Romagna?
«Beh certo, c’è la mia famiglia e ho tanti amici. Purtroppo da un po’ è mancato il mio alter ego artistico Roberto Zoli, di Forlì, con cui ho iniziato nei Politrio e che è stato fondamentale per il mio percorso artistico».
Lei è stato musicista, produttore e tecnico del suono per moltissimi grandi progetti in Italia e Francia: quando lavora coi Rossofuoco si sente più protagonista o produttore?
«Non saprei separare le due cose. Quello di produzione non lo considero un lavoro, in realtà. Non decido di fare il produttore, ma semplicemente sento cose che mi piacciono e chiedo se interessa che io ci lavori sopra, ma l’attività principale resta quella di Giorgio Canali e Rossofuoco».
Con tutta la sua esperienza certo sarebbe un ottimo giudice in un talent, come, ad esempio Manuel Agnelli a X Factor: gliel’hanno mai proposto? Lo accetterebbe?
«Non ho niente contro questo tipo di spettacoli, e se me lo proponessero non avrei problemi ad accettare; certo dipende da quanto mi offrono (ride, ndr.)»