Alessio Boni a Bellaria: “Alda Merini ha trasformato il dolore in amore”

Il Canto degli esclusi. Concertato a due per Alda Merini è lo spettacolo che inaugura questa sera alle 21, la “Classica stagione” del teatro cinema Astra di Bellaria Igea Marina con Alessio Boni e Marcello Prayer . I due attori, amici di lungo corso, dopo Pavese e Pasolini proseguono il “gioco” della poesia, questa volta dedicato a una voce di donna. Anche se la poesia, come la letteratura, non ha sesso, qualcosa li ha portati a scegliere la lingua della poetessa Merini, fortemente caratterizzata da una biografia in quanto donna molto difficile e da una palette di sentimenti forti: «È partito tutto quando ci hanno chiesto di portare una pièce per i terremotati dell’Emilia-Romagna in un palco allestito a Mirandola, vicino alla tendopoli accanto alla zona rossa per coinvolgere il pubblico – racconta come un fiume in piena Alessio Boni, dopo una lunga giornata di riprese sul set del nuovo film di Sergio Rubini per Rai 1, in cui interpreta Monaldo, il padre di Giacomo Leopardi –. Così, io e il mio amico fraterno Prayer, abbiamo pensato alla figura di questa donna che ha saputo trasformare il dolore in amore e ironia. Quando ha dato in escandescenze per problemi familiari, il marito ha chiamato la sorella, lei ha chiamato l’ambulanza, e questi l’hanno portata in manicomio, e da lì non è più uscita fino a che non è arrivata la legge Basaglia».

Boni, che donna-poeta è la vostra Alda, quella che sentiremo a Bellaria?

«Una donna che vive in cattività per 12 anni, poi un continuo dentro-fuori, ma non si incattivisce. Subisce 46 elettroshock, come racconta lei stessa, perciò abbiamo scelto 46 poesie per raccontarla. Versi incandescenti, ironici, veri, innovativi, per una poesia 2.0, fuori dal comune. Ricordiamoci che all’inizio la lobby intellettuale neanche la considerava una poetessa, così lei scrive La pazza della porta accanto. Poi dedica una poesia all’amico, alla felicità, parla dei giovani, questo dolore intimo lo ha reso amore nei confronti dell’altro, continuando ad adorare l’essere umano, a dialogare con il manicomio, con la camicia di forza, con Dio, con gli angeli, come noi dialoghiamo della pastasciutta mangiata il giorno prima».

Con semplicità, come lei amava dire, e con grande cultura.

«E ironia, come quando scrive, “Io non fui originata ma balzai prepotente dalle trame del buio per allacciarmi ad ogni confusione” (da Il testamento, 1953, ndr). E finiremo in up con i suoi aforismi del tipo: “Ringrazio i miei nemici, perché sono i più attenti a ciò che scrivo... e ancora mi sveglio sempre in forma, ma mi deformo attraverso gli altri”, ha un modo sagace di descrivere il quotidiano, e sorridere amaramente, dopo 13 anni ancora ce la richiedono. La poesia non ha sesso, è la parola che ci ha attratti, la poesia, è l’amore di tutti gli amori».

L’avete definita una partitura a due, ci può spiegare meglio?

«Non recitiamo, “jazziamo” tra noi, sappiamo solo come partiamo, poi ci ascoltiamo e rincorriamo, ci sarà anche la voce di Alda con dieci tracce. Con ciò vorremmo mettere su un piedistallo di cristallo la sua voce, la sua energia, la sua testimonianza, questo è il tentativo, è dal 2012 che ce lo chiedono sempre di più. In Italia una cosa del genere non credo ci sia, lo abbiamo potuto fare perché ci conosciamo da 33 anni, e proveniamo entrambi dagli insegnamenti del maestro Orazio Costa sul coro. Il coro è ascolto e ripetizione, è uno spettacolo sempre diverso».

La poesia è poco frequentata, che valore ha portarla a teatro?

«Enorme. La parola può cambiare tantissimo, soprattutto oggi, avere una poetessa contemporanea di questo livello te la rende ancora più comprensibile, scrive un po’ come si mangia. Le persone rimangono strabiliate, riconoscono sé stesse, capiscono le pieghe del quotidiano, ma anche le stranezze, l’ironia, le follie, è un caleidoscopio di tensioni».

Qual è la poesia che sente più sua?

«Ce ne sono molte, ma in questo periodo storico quella sulla felicità, perché lei la descrive in maniera meravigliosa. È una specie di taglio di Fontana, dentro c’è tutto, tutto quello che ha vissuto. Ci aiuta a prenderla per mano, ci dice di cercarla nel caleidoscopio delle piccole cose. E se impari a goderne, fai bingo!».

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