Le brutte abitudini sono dure a morire. Quelle di Arben Hoxha sono note nel giro della criminalità ravennate quantomeno dal 2005, quando si rese protagonista di una sparatoria vicino a un bar a Punta Marina. Lo stesso nei pressi del quale il 60enne di origine albanese è stato arrestato martedì. Stava spacciando cocaina. E a casa gli uomini della polizia di Stato gli hanno trovato un proiettile, come dire, un “souvenir” che tanto ricorda quel fatto di sangue che 18 anni fa sconvolse la località balneare.
L’arresto
Un arresto in flagrante quello effettuato martedì dagli investigatori della sezione Antidroga della squadra Mobile. Durante un appostamento hanno osservato la cessione da parte del 60enne di due involucri a un cliente italiano, risultati poi contenere rispettivamente 0,5 e 0,6 grammi di cocaina. In tasca aveva altre dosi, già pronte per soddisfare altre richieste di droga. Una volta bloccato, gli inquirenti sono passati alla perquisizione domiciliare, dove hanno rinvenuto ulteriori dosi di stupefacente, oltre a 600 euro in contanti, ritenuti proventi dell’attività di spaccio. Durante il sopralluogo è poi saltato fuori il proiettile: un calibro 38 special clandestino, in quanto non dichiarato, che è stato sequestrato e sul quale saranno effettuati specifici accertamenti per capirne la provenienza.
La sparatoria di 15 anni fa
A rendere però ancor più inquietante il ritrovamento della munizione è la consapevolezza che Hoxha fosse capace di usarlo, come accaduto nel gennaio del 2005, quando fu arrestato. Allora aveva 42 anni, e secondo quanto ricostruito dalla polizia di Stato, sparò per primo, in pieno giorno verso l’ora di pranzo di una domenica qualunque di inizio anno, gambizzando un connazionale all’epoca 37 e innescando così un effetto domino che per un soffio non sfociò in un maxi regolamento di conti a mano armata. Di fatto, Hoxha, ufficialmente facchino e residente a Lido Adriano, era in quel periodo l’anello di congiunzione tra gruppi albanesi dediti allo spaccio di droga. Il tutto, finito al centro di una maxi indagine della Questura, era culminato nel regolamento di conti avvenuto il 9 gennaio in via dei Tritoni a Punta Marina. Il litigio tra Hoxha e il connazionale, arrivato dalla Toscana, è probabilmente legato allo spaccio, come ipotizzano gli inquirenti alla luce dei precedenti di entrambi. La tensione sale, e dato l’orario diurno c’è anche chi si affaccia dalla finestra invitando i due alla calma. Finché Hoxha estrae una pistola, punta alle gambe del rivale e preme il grilletto. Prima di andarsene, lo schiaffeggia pure. Al ferito va di lusso: solo 20 giorni di prognosi, quantomeno iniziale. Il punto è che gli amici toscani vengono a sapere dell’episodio e partono. Le prime auto targate Firenze e Pisa vengono notate in zona ospedale, ma sono solo parte di una spedizione punitiva che conta una decina di persone. Inizia il pedinamento, finché, in tarda serata, uno degli albanesi giunto a Ravenna viene fermato con un revolver in mano, carico con colpi che in gergo vengono chiamati “scamiciati”, vietati, perché fatti per esplodere nel corpo. Scattano i primi tre arresti. Nel frattempo le indagini proseguono. Due giorni dopo i fatti di Punta Marina Hoxha viene rintracciato in un bar della stessa località balneare. Casa e auto vengono perquisite ma nulla, non si trovano né proiettili né pistola. Sono i suoi vestiti a incastrarlo, identici a quelli descritti dai testimoni oculari.
Da allora il 60enne pare sia stato alla larga dai guai, o lo è stato dalle pagine di cronaca. Almeno fino all’arresto di questa settimana. Ieri, difeso dall’avvocato Luca Berger, ha patteggiato 5 mesi con pena sospesa davanti al giudice Cosimo Pedullà.