Sostenibilità e fondi europei, le sfide della Ceramica

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È dovuta rimanere assente, suo malgrado, per un intero anno, ma ora la ceramica torna a diventare protagonista, grazie alla nuova edizione del Salone internazionale della ceramica per l’architettura e dell’arredobagno (Cersaie). La grande manifestazione iniziata lunedì a Bologna ha rimesso al centro del dibattito un’industria che per l’Italia vale quasi 6 miliardi di euro e coinvolge decine di migliaia di persone. Dodici sono le imprese romagnole che partecipano al Cersaie: dieci della provincia di Ravenna (prevalentemente del distretto faentino) e due della provincia di Rimini. Per cinque giorni mostreranno al mondo intero cosa la nostra regione ha da dire sul tema, con imprese del valore di Ava Ceramica, Capri, Cerdomus, Cipì, Gigacer, La Fabbrica, Sicis, Studio Bizzarro & parteners, Tagina, Tonino Lamborghini, Del Conca e Sigma.

Dopo aver nuovamente spiegato le vele, la ceramica industriale è ripartita, trainata dal generale rimbalzo economico e soprattutto dal ritrovato vigore del settore edile, di cui ne beneficia anche l’indotto. I numeri dicono tutto: nei primi sei mesi dell’anno il comparto ha fatto registrato un più 12,3% del fatturato rispetto al 2019 e la ceramica non nasconde certo la soddisfazione. «Il mercato sta andando benissimo – assicura Barbara Savorani, direttore marketing di Gigacer –, soprattutto quello interno. L’estero sta invece riprendendo più lentamente, perché sconta la gestione interna della pandemia dei vari Stati con cui abbiamo relazioni commerciali. In ogni caso, posso assicurare che il made in Italy ha un grandissimo interesse. E la ceramica in particolare è molto apprezzata nei paesi arabi, nell’Europa occidentale e anche in Cina». Non è però tutto oro quello che luccica; gli incentivi si sono portati dietro un problema di non facile gestione dal punto di vista del sostegno dei bilanci: un generale aumento del prezzo delle materie prime. «Siamo tutti spaventati – ammette Savorani –, perché i costi di legno, cartone, pellet sono raddoppiati e le quotazioni dei trasporti sono addirittura quadruplicate».

Medio-piccoli in crisi

Gian Piero Merendi, numero uno di Ceramic and Colours, parla di una ripresa «eterogenea». «L’edilizia – conferma – è ripartita molto bene e così anche il mondo degli hobbisti che, anzi, è cresciuto. Tutto il comparto legato al turismo, agli articoli da regalo e in generale alla piccola e media impresa sta invece soffrendo. Tanti hanno dovuto chiudere e la pandemia non ha fatto altro che anticipare una crisi già innescata da tempo». Lo sguardo, in questo caso, è puntato dritto verso quel distretto ceramico che una volta fioriva lungo le coste dell’Adriatico, bagnando Rimini, San Marino e Pesaro. Perché se i grandi piastrellisti di Sassuolo, in questi anni, hanno saputo mostrare i muscoli, vedendo incrinato il loro business ma senza sgretolamenti, i medio-piccoli si sono dovuti spartire le briciole di un paniere che si è ridotto sempre più, lasciando margini, tra l’altro, molto risicati. Basti vedere cosa è accaduto in città storiche come Nove, Vietri, Caltagirone, Orvieto, Castelli, simbolo di quella tradizione di piccola impresa italiana che il Covid sta rischiando di spegnere.

Sfide future

Il futuro passa quindi da due parole, ne sono convinti il ministro dello sviluppo economico Giancarlo Giorgetti e il presidente della Regione Emilia Romagna Stefano Bonaccini, intervenuti nel corso della cerimonia inaugurale del Cersaie. E queste parole sono: sostenibilità e Recovery fund. Anche la ceramica, non c’è dubbio, vorrà trovare lo spazio per accedere a una fetta dei fondi europei, ma «i temi energetici – ha ricordato Giorgetti – sono fondamentali per la nostra industria. Accanto alla sostenibilità ambientale bisogna però anche abbinare quella economica e sociale e l’Europa deve esigere che le sue regole siano rispettate in sede di commercio internazionale». A fargli eco Bonaccini: «Le previsioni economiche – ha detto – sono positive anche per il settore ceramico, chiamato ad affrontare sfide importanti come la transizione ecologica e l’eco-sostenibilità. Come Regione siamo al loro fianco in questo processo di cambiamento, in un’ottica di sviluppo che tenga insieme anche la necessità di tutela di un lavoro di qualità».

L’artigianato resiste

Si arriva così all’artigianato romagnolo, perché la ceramica non è solo la grande industria in mostra al Cersaie. Per Faenza, al contrario, è soprattutto una realtà fatta di artisti e botteghe. Un mondo a parte, potremmo dire, che esattamente come le big sembra aver subito meno la crisi. E il motivo, secondo Merendi, è molto semplice: «Faenza ha saputo, grazie anche alle istituzioni, mantenere alto il livello culturale attorno alla ceramica». Insomma: non solo business. Il valore e la resilienza di Ravenna in particolare nel settore ceramico sono supportati dai dati. Il primo è quello delle movimentazioni di materie prime per l’industria ceramica. Nei primi sette mesi dell’anno al porto sono arrivate oltre 520mila tonnellate di materiali dedicati al settore, per un aumento rispetto all’anno passato quasi del 70%. Delle 35 botteghe sparse per Faenza nessuna ha dovuto chiudere e anzi ora, grazie anche alla scoperta dell’online, il mercato è tornato a crescere e spera, in prospettiva, di potersi espandere.

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