Sono preziosi per la salute, non remate contro i reni

La salute dell’organismo dipende in gran parte da un perfetto equilibrio delle funzioni renali. Ecco perché, volendo usare una metafora, il rene potrebbe essere definito un grande, se pur invisibile, “direttore d’orchestra”. A parlarne è il Dottor Giuseppe Emiliani, nefrologo di Ravenna 33, che è stato dal 1977 al 2018 dirigente medico dell’U.O. di Nefrologia e Dialisi dell’Ospedale di Ravenna.

Perché i reni sono così preziosi?

«I reni eliminano scorie derivate dal nostro metabolismo, mantengono in equilibrio i liquidi e gli elettroliti intracorporei, eliminando quelli in eccesso e rigenerando i bicarbonati per mantenere costante l’equilibrio acido-base. Rimuovono inoltre farmaci e tossine in circolo e rilasciano importanti ormoni per la regolazione della pressione arteriosa, per la produzione di globuli rossi e il metabolismo delle ossa».

E, quando funzionano male, cosa succede?

«In corso di malattia renale cronica, i reni perdono gradualmente tutte queste funzionalità sino ad arrivare in un periodo più o meno lungo a una condizione metabolica incompatibile con la vita e che richiede terapie sostitutive della funzione renale persa come la dialisi o il trapianto».

La malattia renale cronica è un problema di grande rilevanza della sanità pubblica. Quante persone colpisce?

«Circa un adulto ogni 10 risulta essere affetto da insufficienza renale moderata, cioè con una funzione renale dimezzata o più che dimezzata rispetto alla norma».

Quali sono le persone più a rischio?

«I pazienti con diabete, ipertensione, malattie cardiache, obesità, dislipidemia, età avanzata, fumatori. In fattori di rischio sono in gran parte comuni a quelli per le malattie cardiovascolari. Purtroppo, la maggior parte delle malattie renali si comporta come dei “killer silenziosi” e può agire indisturbata, senza sintomi apparenti per anni e, quando gli effetti si manifestano, può essere tardi per rimediare».

Si può dire che ci sia una stretta connessione tra cuore e reni?

«Sì. Porre attenzione ai fattori di rischio appena citati, è importante per prevenire l’insufficienza renale cronica così come per ridurre il rischio cardiovascolare, che di per sé aumenta sensibilmente già in presenza di un’insufficienza renale lieve. C’è una relazione molto complessa e al contempo integrata tra cuore e rene: se il cuore sta bene anche i reni sono in salute, se il cuore ha problemi anche i reni potrebbero averne e viceversa».

Come si può scoprire in tempo le principali lesioni renali?

«Ci sono segnali a cui occorre prestare attenzioni: emissione di urine di colore scuro, “coca-cola” o rosso sangue o con cattivo odore; o la formazione di molta schiuma indicativa della presenza di proteine nelle urine; l’aumento notevole della quantità di urine emesse, specialmente nelle ore notturne, e la persistente sete. E, ancora, edemi degli arti inferiori e al volto, aumento dei valori della pressione arteriosa oltre i limiti massimi di normalità, dolore in sede lombare e fino a vere e proprie coliche, senso di peso in sede renale non riconducibile a lombo-sciatalgia; anemia, stanchezza, bruciore a urinare, febbre e necessità di minzioni frequenti».

Qual è il miglior modo di fare prevenzione?

«Spesso è sufficiente eseguire alcuni semplici esami come la misurazione della pressione, gli esami annuali delle urine e del sangue, includendo la creatinina che permette di valutare il tasso di funzionalità renale, e l’assetto lipidico come indicatore di eventuale rischio aterosclerotico».

Si può dire che l’esame delle urine, semplice e poco costoso, stia al rene come l’elettrocardiogramma al cuore?

«Sì. Anche se spesso non viene richiesto o, se richiesto, non viene adeguatamente eseguito, letto e interpretato. Eppure serve per raccogliere informazioni su vari aspetti clinici del paziente, in primis diabete e infezioni urinarie, e anche stato di idratazione, nefropatia incipiente, danno avuto o cronico renale, calcolosi renale. Nell’esame, viene valutato l’aspetto delle urine che, normalmente, deve essere limpido. Il colore giallastro e le possibili variazioni possono essere dovute a vari fattori quali la quantità di acqua ingerita o la presenza di ematuria. Il peso specifico, che varia da 1.002 a 1.030, è indice di una buona efficienza dei reni nel diluire o concentrare i liquidi introdotti».

Si sente spesso parlare del pH: qual è il valore ideale?

«In genere è compreso tra 4,5-6. Una alcalinità persistente sopra i 6 può essere indice di infezione delle vie urinarie. Lo studio del pH è importante anche nella valutazione della calcolosi renale. Un pH acido favorisce la precipitazione di cistina e acido urico, un pH superiore a 7 favorisce la cristallizzazione del fosfato di calcio, dell’urato di sodio e della struvite».

Oltre all’ematuria, ossia la presenza di sangue, cosa è bene non trovare nelle urine?

«Le proteine, per esempio, in genere assenti in condizioni normali. La loro presenza è uno dei primi segni di patologia renale. Leucociti elevati sono poi indice di infezione urinaria. I cilindri sono da considerare il marker indicativo di grave danno renale. Si possono anche riscontrare cristalli in relazione alla formazione di calcoli (acido urico, ossalato di calcio, di fosfato a coperchio di bara). Eventuali alterazioni dei parametri possono e devono orientare il medico verso un iter di approfondimento diagnostico mediante esami più complessi come l’ecografia, la scintigrafia, la tac, e in alcuni casi la biopsia renale. In molti casi, una diagnosi precoce della malattia unita alla giusta cura possono rallentare o interrompere l’aggravarsi della nefropatia cronica».

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