La politica dei saluti a Rimini è molto complicata

Società

La politica dei saluti a Rimini è molto complicata. Sono tornato a vivere a Rimini da poco meno di un paio d’anni, dopo 15 anni fuori. Mi sono accorto che non padroneggio bene i codici dei saluti. Me lo ha fatto notare un’amica in visita. Mentre ci stavamo prendendo un caffè in un bar, le ho descritto gli altri avventori. “Ma se li conosci, perché non li hai salutati?”.

Tutto accade perché Rimini è in fondo una piccola città e ci si incontra spesso. O meglio, forse sono io che gravito negli stessi posti, ho spostamenti routinari, sono abitudinario come il cane Lassie (o come Kant). Quindi spesso incrocio la stessa persona più volte in un giorno. Magari la prima volta ci si saluta, la seconda un breve sorriso, la terza “anche basta”. Oppure vedo le stesse persone, nello stesso posto, alla stessa ora (tipo il bar dove bevo il caffè la mattina). Anche qui, a parte i tavoli occupati, nulla cambia. Visto che ci vediamo tutti i giorni, e a volte più volte in un giorno, sarebbe fuori luogo un saluto troppo marcato. Talvolta mi capita di stare fuori per lavoro qualche giorno: al mio ritorno devo salutare con un po’ più di enfasi? Generalmente non lo faccio perché non sembra che gli altri “colazionisti” si siano accorti della mia assenza.

Negli Stati Uniti, specialmente nella costa Ovest, quando ci si incontra, anche tra sconosciuti, si è molto caldi. In caffetteria, la giovane barista mi chiamava Sweetie, sin dalla prima volta che sono entrato. Beninteso, lo faceva con tutti: è un’usanza. Quando passavo molto tempo negli Stati Uniti, al mio ritorno in Italia ero molto cordiale con chiunque. Una volta in un bar di Rimini ho sorriso con molto entusiasmo a una conoscente e il marito mi ha guardato male. Talvolta un eccesso di cordialità è sospetto.

Una cosa che a Rimini aggrava la questione, ma probabilmente è un tratto italiano, è l’utilizzo degli occhiali da sole anche quando il sole non c’è. Sembra quasi che mostrare gli occhi la mattina presto sia un segno di maleducazione e quindi si vedono molte persone con gli occhiali scuri la domenica mattina, ma anche d’inverno o comunque anche quando è nuvoloso o quasi buio. Così capita che tu saluti qualcuno che proprio non ti guarda e manco si è accorto che ci sei. Credo che un passo avanti nell’evoluzione umana consista nello smettere di salutare chi si mette gli occhiali da sole quando piove.

Docente di Sociologia
Università di Bologna

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